A Sanremo 2022 va in scena la disabilità visiva. Ma è la solita narrazione distorta

Michela mi ha mandato dei video in cui prepara il caffè, sistema la sua camera. E mi insegnato che posso gestire il mio tempo. Marco e Sara mi hanno insegnato a chiedere aiuto. Maria ha partecipato ai giochi paraolimpici e ha vinto due bronzi e un argento. Eppure prima dei 100 metri tremava. Mi sembra così assurdo che questa donna possa avere paura. Veronica viaggia in tutto il mondo perché è la campionessa nazionale di scherma non vedenti. Le ho chiesto come fa a evitare gli ostacoli alti quando esce con il suo cane guida. Mi ha risposto ridendo: quelli te li prendi in faccia. L’attrice Maria Chiara Giannetta, interprete di Blanca nell’omonima serie Rai che ha per protagonista una commissaria di polizia non vedente, porta in scena il suo monologo a Sanremo e lo incentra sul tema della disabilità visiva. «Blanca è tutti loro» dice, «i miei guardiani. È l’incaponirsi di Michela, è il potersi fidare di Marco e Sara, è l’ironia di Veronica». A fare da sottofondo, accompagnate da un commovente giro di piano, una serie di immagini che mostrano come i “guardiani” le abbiano insegnato a vivere come una persona cieca. Almeno sul set

Perché a Sanremo l’attrice porta sullo schermo quello che viene definito inspirationporn, ovvero la pornografia motivazionale, la rappresentazione oggettivata delle persone con disabilità come esempi di vita, la narrazione di gesti ordinari, come farsi il caffè o sistemare la camera, resi straordinari in funzione di creare una spinta motivazionale in chi non ha una disabilità. 

Dietro queste narrazioni eroico/ispirazionali nascondono però una forte svalutazione delle persone con disabilità e l’errata convinzione che tutto ciò che di normale riescono a fare sia in realtà un qualcosa di straordinario, un traguardo raggiunto nonostante la tragicità delle loro vite.

Le persone con disabilità devono inoltre avere delle qualità che alleggeriscano alle persone non disabili il trauma del confronto, pena essere etichettate come “disabili negativi”. Ecco allora che Michela, l’unica dei cinque a cui viene concessa la parola, chiude con una battuta autoironica: «Non perdiamoci di vista», confermando come i ciechi siano persone spiritose che sanno far ridere oltre che commuovere.

«Bisogna fare tanta cultura» dice Michela. Bisogna lasciare che siano le persone con disabilità visiva a farlo, e bisogna scardinare certi costrutti linguistico – sociali. Del tipo di cultura offerta da Sanremo, invece, possiamo tranquillamente farne a meno.

Roberta Gatto

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