Fascicolo sanitario elettronico: in pochi lo usano e con molta difficoltà
Il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) nasce nel 2012 sotto il governo Monti per sveltire le procedure, facilitare l’archiviazione delle cartelle cliniche e permettere ai cittadini di consultare tutti i documenti e i dati relativi alle prestazioni del servizio sanitario nazionale.
Disponibile in Italia da ormai un decennio, andiamo a vedere quanto e come viene utilizzato.
Un po’ di dati
Secondo le statistiche, nel 2021 solo il 38 per cento dei cittadini lo conosceva e il 12 per cento lo utilizzava. La percentuale è aumentata con l’arrivo del Covid-19 quando si è cominciato a utilizzare il Fse per scaricare esiti di tamponi e certificati vaccinali. A oggi il 55 per cento lo conosce e il 33 per cento lo utilizza.
Problemi nell’accesso
In nove regioni non è possibile utilizzare il Fse per accedere al proprio libretto vaccinale, in altre 9 per cambiare medico di famiglia, in 11 per pagare le prestazioni e in 14 per fare le certificazioni di esenzione per reddito.
Aggiunto a tutto questo, spesso i documenti vengono caricati come pdf, andando a creare delle cartelle che i medici devono consultare in maniera non troppo dissimile da quelle fisiche e cioè sfogliando i referti pagina per pagina. Questo rende la ricerca poco agevole considerando come sarebbe invece possibile avere tutti i dati a portata di mano semplicemente inserendoli in una tabella.
Un altro ostacolo alla consultazione è rappresentato dal fatto che ogni regione ha il proprio sistema informatico. Spostandosi in una regione diversa da quella di residenza, si potrebbero incontrare delle difficoltà nel momento in cui sia necessario aprire il proprio Fse o scambiare le informazioni in esso contenute con altre regioni.
Le soluzioni
Il Pnrr ha stanziato 1,3 miliardi in favore della digitalizzazione delle regioni così che ognuna di esse possa caricare in modo corretto e completo i dati clinici dei cittadini e condividerli tra medici e ospedali presenti su tutto il territorio nazionale attraverso un unico sistema informatico.
I programmi pilota sono stati avviati in sei regioni (Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Puglia) ai fini di aumentare il numero di dati presenti sui fascicoli e di migliorarne lo scambio.
La creazione di regole uniformi su tutto il territorio nazionale e l’istituzione dell’Agenzia per coordinare l’evoluzione digitale dei sistemi sanitari regionali darà un’ulteriore spinta al processo anche grazie all’approvazione delle Linee guida sul numero e la tipologia di documenti da inserire e al supporto di tecnici ministeriali nella digitalizzazione colmando così il gap che si era creato a causa della mancanza di personale dedicato.
Il profilo sanitario sintetico
In sostanza è la storia clinica del paziente in cui vengono indicate eventuali patologie e farmaci assunti, allergie, trapianti e interventi da compilarsi a cura del medico di base. A oggi, i medici di 18 regioni su 21 non lo compilano mentre nelle restanti 3 lo fanno dietro compenso.
Gli obiettivi per il 2026
Se entro la fine del 2025 l’85 per cento dei medici di base non saranno collegati e se tutte le regioni non avranno aggiornato i fascicoli entro giugno 2026, i fondi stanziati andranno perduti.
Roberta Gatto