Continua il nostro particolare viaggio nella sempre più sorprendente Napoli

Il Pozzaro

Dai sotterranei della città, percorrendo canali misteriosi, salgono fili d’acqua. Intrecciano storie di palazzi e vite di uomini, svelano segreti che qualcuno custodisce. Anche la nostra guida ci tiene nascosta la meta mentre percorriamo strade e piazze lastricate di Basolato. Camminando, ascoltiamo la descrizione delle costruzioni che ci circondano, il frastuono del traffico, il movimento della gente intorno, insomma, annusiamo la pelle della città. Noi, persone non vedenti, di solito cerchiamo di essere attente e concentrate perché, non ricevendo continue sollecitazioni visive, tendiamo ad essere meno distratte. In uno di questi momenti, io e la signora X siamo state colte di sorpresa da un rumore ritmico, martellante, eppure variabile. Non aveva niente a che vedere col quel tum, tum, tum lanciato fuori dai finestrini di un’auto che passa con la musica a tutto volume. C’era, invece, in quel suono qualche cosa di studiato, di costruito con intenzione. Ma che cosa poteva mai essere?

La sorpresa

– Venite con me –

Fausto ci guidava proprio in quella direzione.

– Stiamo andando verso la nostra meta? –

– No, questo è un imprevisto –

L’idea che andavo formandomi mentre ci avvicinavamo era di essere nei pressi di un batterista che si esercitava con le bacchette. Poi è seguita una pausa.

– Toccate qui –

Ho sentito un casco scocciato sopra ad un manubrio, un colapasta sul serbatoio, dei coperchi fissati perpendicolarmente alla sella e ho scoperto l’oggetto misterioso. A Napoli dunque, tutto può diventare altro. E chi avrebbe immaginato che si potesse suonare un motorino?

Riprendiamo il cammino verso una meta che la nostra guida mantiene ancora segreta. La signora X arrotola l’ennesima sigaretta. Percorriamo stradine in salita lastricate a Sampietrini. Siamo in Via del Tribunale. Da un negozio esce un buon odore di pelle e cuoio, entriamo a dare un’occhiata e poi avanti, impazienti verso la destinazione misteriosa.

Scendiamo tre gradini, entriamo in un “basso”. Mi aspetto di essere avvolta da un’onda di odore umano mescolato a quello della frittura, dell’aglio, del peperoncino e dei panni stesi ad asciugare. La sensazione di umidità si percepisce dappertutto, sul pavimento, sulle pareti e nell’aria.

 

Ci troviamo in un laboratorio dove Vincenzo, nipote di uno tra gli ultimi pozzari della città, svolge un’attività didattica e divulgativa rivolta alle scolaresche e ai viaggiatori.

Racconta di questo mestiere antico che si tramandava di generazione in generazione e di quanto, l’attività del pozzaro, fosse strettamente connessa alla storia e all’architettura di Napoli. Altra leggenda invece vuole che il munaciello fosse l’antico gestore dei pozzi d’acqua (il “pozzaro”) il quale riusciva (per la sua statura piccola) a entrare nelle case passando attraverso i canali che servivano a calare il secchio.

In un angolo dell’ambiente si apre una scala piuttosto malmessa. Scendiamo con cautela, l’odore di umidità si fa sempre più forte perché, in questa cantina, Vincenzo continua gli scavi. Desidera valorizzare le attività del nonno che, sfruttando l’abbondanza delle acque sotterranee, proprio in prossimità del suo basso, aveva costruito una serie di vasche in pietra nelle quali lavorava il baccalà e lo stoccafisso. Li ammollava e li sottoponeva a ripetuti risciacqui.

Scendiamo ancora e ci troviamo in un ambiente umidissimo, freddo, dalla pavimentazione quasi inesistente. L’odore è di polvere e terra smossa di fresco. Andiamo a toccare la parete nel punto in cui si apre un buco grande, profondo, attraversato da ragnatele. E’ l’imboccatura di un pozzo che prende acqua da un fiume sotterraneo. Questo è il cuore della casa e il fulcro dell’attività del pozzaro.

Il Monaciello

Nel laboratorio Vincenzo ci mostra una statuina in terracotta. Raffigura un omino seduto, con le gambe e le braccia corte, una testa piccola e tonda, una pancia grande e ancora più tonda. Si chiama “Il Monaciello”. E’ uno spiritello che protegge la casa dai ladri, conosce gli intrighi e custodisce i segreti dei suoi abitanti.

Il pozzaro viene chiamato nei palazzi dei signori a scavare pozzi, a predisporre percorsi per distribuire l’acqua, farla salire ai piani superiori, guidarla da un’abitazione all’altra e separare quella pulita dai liquami. Entra nei giardini, nei cortili aperti sulla strada o chiusi tra muri e finestre, varca la soglia delle case e le esplora dalle cantine alle soffitte perché anche un angolo oscuro, un anfratto insignificante, può essere utile a realizzare il suo fine. Praticando questo mestiere per anni, il pozzaro acquisisce competenze diverse e si trova depositario di una grande quantità di informazioni che si estendono dalle planimetrie dettagliate delle abitazioni, alla vita privata dei suoi clienti, alla storia della città. Un pozzaro esperto e onesto è tenuto in grande considerazione e solitamente viene ben pagato perché, al di là della prestazione, il suo silenzio è assai prezioso.

L’uomo è uomo, già si sa e, “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”. I napoletani tengono in casa il Monaciello che custodisce il loro denaro e allontana la jella.

Lasciando Vincenzo e ringraziandolo per avermi donato nuove storie di uomini capaci di legare con fili d’acqua il sotto al sopra, l’ombra alla luce, non ho potuto fare a meno di portare con me questo spiritello buono.

Riuscirà, il Monaciello, a più di 800 Km a Nord di Napoli, lontano dalla potenza misteriosa del Vesuvio ad essere il guardiano della mia casa insieme all’antifurto?

E se diventasse amico di quell’ Angelo Custode sempre distratto da WhatsApp?

(continua…)

Claudia Consonni, collaboratrice Ierfop

Al termine del racconto (contraddicendo qualsiasi regola di grafica e di giornalismo comune) vogliamo corredarlo con le foto dei luoghi. Lo facciamo alla fine per non far perdere al lettore il piacere e il gusto di immaginare le scene così come sono stati colti e poi raccontati. Ecco quindi le foto:

L’ingresso della casa

Il laboratorio

Vincenzo Galiero

Le scale del pozzo che fanno accedere a un altro vano

Le vasche scavate nella pietra dove si lava il pesce

Il Monaciello

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