L’artista Andrea Ferrero si racconta: «La cecità ha liberato la mia vera essenza.»
Nato a Cagliari, classe 1971, vive con la moglie Annalisa e i suoi amati gatti. Laureato nel ‘96 in Economia presso l’Università di Cagliari, lavora nell’area comunicazione di un centro di ricerca nell’area metropolitana della città.
Ma chi è davvero Andrea Ferrero?
«Non lo so» ride. «Sono nato con la retinite pigmentosa ma la diagnosi è arrivata nel 1998, all’età di 27 anni. La Rp è entrata nella mia vita in punta di piedi. Nonostante ci fossero diversi segnali, io non riuscivo a comprenderli. Avevo difficoltà a guidare la notte, con il buio, ma non ho avuto consapevolezza di cosa fosse fino al ’98 quando un medico mi spiegò la situazione.»
La prima reazione di fronte al cambiamento
«Non ho vissuto quel momento con rabbia ma con paura, non sapendo a cosa andassi incontro. Da inguaribile ottimista pensavo che la malattia sarebbe progredita lentamente, poi ho imparato che non era così, che la retinite, nel mio caso, andava più veloce della scienza e della ricerca».
Una nuova consapevolezza
«Oggi so che la paura è solo l’altra faccia del coraggio, basta imparare a gestirla. Non mi trovo d’accordo con chi dice di non provare paura, per me quella è incoscienza. La paura non deve determinare la nostra vita. A volte capita che subentri la frustrazione perché magari ci si trova a dover rinunciare ad alcune cose o a dipendere dagli altri per farle».
Convivere con la Rp
«Non credo che la malattia mi abbia cambiato la vita, piuttosto ho dovuto ripensare a cosa volevo davvero, a come fare ciò che desideravo con altre modalità. Soprattutto, mi sono reso conto di ciò che “non” volevo fare. All’inizio mi sono sentito ripetere che dovevo accettare la disabilità. Non si può accettare una cosa del genere. La malattia non è un dono. Ci si può avere una pacifica convivenza ma accettarla sarebbe come vivere questa situazione passivamente. Non abbiamo il controllo su ciò che ci succede, possiamo però avere il controllo sulle nostre reazioni.»
La lezione più grande
«Ho imparato che il buio non è la fine di tutto; per me è stato un nuovo punto di partenza, l’inizio di una vita diversa ma piena di tante cose che non mi sarei aspettato. Sono, per così dire, morto e risorto tante volte, penso sia ciò che facciamo un po’ tutti nel corso della vita.
Ho fatto un grande viaggio, una grande trasformazione, un intenso lavoro su me stesso.Ci vuole il giusto mix tra il viaggio e l’ambiente in cui lo facciamo, perché quest’ultimo lo influenza positivamente o negativamente».
Per me ciò che conta è essere felici
«Io sono fortunato, ho mia moglie, la mia famiglia, i miei amici. È importante trovare quelle cose che ci fanno stare bene. Alcune le ho cercate, come la radio (il programma Oltre le barriere su Radio X, una radio cagliaritana), altre sono arrivate per caso, come l’arte o lo sport. Ho capito che si può fare tanto per aprire un dialogo con la disabilità. Nonostante abbia perso completamente la vista nel 2010, affronto la disabilità con il sorriso, mettendo in campo tutto il mio talento, dedicandomi alle mie passioni.È importante raccontarsi, nel bene e nel male, perché gli altri ci conoscano e ci possano venire incontro.»
Le mie passioni
«Tra le mie passioni ci sono anche la piscina e lo sci nautico. Il baseball ancora è in stand-by. A 50 anni lo sport è fondamentale. Poi c’è il lavoro e mi ritengo fortunato ad averlo, perché posso mettere a disposizione dell’azienda quelle che sono le mie competenze. La pittura arriva nel 2017,quando conosco Annalisa Carta.
Come dipingo
«All’inizio usavo i pennelli, però qualcosa non andava: ho quindi iniziato a usare le mani e da allora non sono più riuscito a smettere. Massimiliano Ibba (artista e fumettista) mi assiste passandomi i colori o aiutandomi a metterli in certi punti della tela. Il quadro però è mio, l’idea si origina e prende corpo nella mia testa: sono io che scelgo i colori e dipingo.
Nei miei quadri ci sono io
«Capisco che nella concezione comune un quadro sia qualcosa di prettamente visivo, ma per me è qualcosa di più, qualcosa che scaturisce dall’anima, dalla gestualità, dalla sensazione che provo quando tocco la tela e i colori, quando ne sento l’odore. Picasso diceva che il pittore è un politico perché nel quadro c’è ciò che ha voluto esprimere. Vedere aiuta, però ci sono molti modi di vedere.
Non so se i miei quadri siano belli o brutti: attraverso di loro esprimo la necessità di superare i miei limiti, di trasformarli in orizzonti. Durante le mie performance, chi assiste dice di percepire un’energia positiva. Non mi dispiacerebbe provare altre forme d’arte, ma a oggi non ne sento l’esigenza.
Come mi vedo tra dieci anni
«Sarò sempre curioso del mondo che mi circonda e se ci saranno delle opportunità le afferrerò. Confesso che mi piacerebbe fare stand-up comedy» ride, «mi vedo ancora al lavoro, a dipingere, a collaborare con la radio, insomma, così come sono oggi. Perché così sto bene».
Il vero Andrea
«Secondo alcuni perdere la vista ha fatto uscire fuori il vero Andrea. Si diventa felici trovando quello che si vuole fare, ciò che ci fa stare bene ed eliminando ciò che invece non ci rende felici. Il mio mantra è provare perché fallire fa parte del percorso. Anche se spesso la vediamo come una sconfitta, credo che sia invece una grande occasione per migliorare.»
Roberta Gatto
2 commenti
Conoscere Andrea Ferrero e stata una grande occasione per vedere il mondo in maniera diversa ,ed io Massimiliano ibba che in arte faccio fumetti ed illustrazioni, mi son trovato in una situazione simile ma in maniera diversa,”l’udito ” ,il non riuscire più a concepire i suoni come le persone normali, ma con la sua conoscenza ,ho imparato a sorridere di nuovo e a prendere ciò che desideriamo, senza abbattersi.
Un grande UOMO che trasmette in positivo. Gràtzie del tuo messaggio.