Cristina Nuti e la sua battaglia (vinta) contro la Sclerosi multipla
Quella di Cristina Nuti è una storia di sport e di riscatto. Cristina è infatti la prima atleta in Italia affetta da sclerosi multipla a completare una gara di Ironman, una disciplina che prevede 3.8 chilometri di nuoto, 180 chilometri di pedalata e 42.195 chilometri di maratona.
La malattia e lo sport
All’età di 37 anni a Cristina viene diagnosticata la sclerosi multipla. Nel 2017 inizia a praticare la corsa e a partecipare alle prime maratone. Successivamente decide di praticare anche nuoto e bici cimentandosi così nel triathlon: «vedevo i miei amici impegnati nel triathlon e la mia patologia trae benefici da questo tipo di allenamento perché sollecita muscoli diversi».
A Klagenfurt, in Austria, l’atleta milanese ha scritto una pagina di storia diventando la prima atleta affetta da sclerosi multipla a completare una gara Ironman. «Ho concluso l’Ironman in 14 ore e 39 minuti. Il nuoto è il mio punto debole» racconta Cristina, «ci hanno fatto entrare in acqua senza muta e ho avuto freddo […] Cosi ho dosato le forze al massimo. La mia medaglia era portare a termine la gara».
Obiettivo3 e l’impegno nel sociale
Cristina è tesserata con Obiettivo3, l’associazione sportiva creata da Alex Zanardi. L’associazione che intende far apprendere e diffondere la pratica sportiva tra i disabili penalizzati dall’alto costo delle attrezzature e dalle difficoltà nel comprendere come iniziare.
«Anche grazie al lavoro di Obiettivo3, c’è stata un’apertura da parte della comunità paralimpica agli atleti con sclerosi multipla. Diversamente da ipovedenti o amputati, noi un giorno sembriamo bistecche e quello dopo diventiamo leoncini. Siamo difficili da classificare. Ma oggi» spiega Cristina, «una categoria, pur generica, esiste».
La storia di Cristina
La sua storia può essere un esempio per tante altre persone affette dalla sua stessa malattia o che si trovano in una situazione di difficoltà.
Dopo l’impresa in Austria, ad esempio, Cristina è stata contattata da un padre che le chiedeva consigli su come affrontare la diagnosi di sclerosi multipla della figlia: «la vita non finisce con la diagnosi. Solo due anni fa la malattia sembrava una condanna alla carrozzina. Ancora oggi la patologia è semi sconosciuta e fa tanta paura. Ma noi dobbiamo far sentire la nostra voce».
Emanuele Boi