Locali pubblici e accessibilità: cosa si fa davvero per abbattere le barriere architettoniche?
Il problema non è neanche tanto nuovo ma continua a tenere banco: l’accessibilità dei luoghi di lavoro ma anche quelli della vita pubblica come bar e ristoranti. Quante volte se ne legge e se ne parla?
Sembra assurdo eppure un esercizio commerciale può non essere accessibile ai disabili e, quel che è peggio, può non fare nulla per adeguare i suoi spazi. Incredibile? Nella nostra Italia questo accade. Salvo indignarci quando qualcuno si trova a dover fare marcia indietro e sfogandosi trova pure tanta condivisione. Ma nessun riconoscimento di diritto. Anzi, no. Quello, il diritto, glielo riconosce anche se di fatto no. Per chi non si trova a vivere e sopportare condizionamenti di movimento, l’invito è quello di dare uno sguardo più attento alle stazioni, gli ospedali e tutti quei luoghi pubblici dove spesso gli ascensori non funzionano o le rampe sono inesistenti.
Sui grandi principi giuridici di base, le persone con disabilità sono “serviti” degnamente. Peccato non abbiano però il diritto di vederseli riconosciuti. Perché sul loro rispetto non esistono obblighi. O perlomeno non vengono troppo fatti rispettare. E le barriere architettoniche sono lì a dimostrarlo.
I principi di base
Prendiamo la Costituzione italiana. L’articolo 3 recita come «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale». Basterebbe già questo. Ma poi sottolinea ancora come «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Convenzione Onu
Sì, se non bastasse, c’è anche un principio sovranazionale contenuto nella Convenzione Onu dove grossomodo si asserisce lo stesso principio e il Parlamento italiano nel 2009 l’ha pure ratificato. Nella Convenzione Onu riguardante i diritti delle persone con disabilità si sottolinea come si «intende piuttosto assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, di tutti i diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità». Cosa manca quindi per veder d’incanto (ma anche con la dovuta pazienza) eliminare tutte quelle odiose barriere architettoniche che ancora vediamo. Soldi?
I contributi e gli aiuti economici previsti
La normativa nazionale prevede tutta «una serie di disposizioni al fine di favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, pubblici e privati aperti al pubblico». Queste disposizioni, però, si applicano per lo più agli edifici di nuova costruzione.
La disciplina (contenuta nel Dpr 503/1996) prevede infatti determinati requisiti per la costruzione degli edifici e l’accessibilità agli spazi. Requisiti che riguardano scale, rampe, parcheggi e accessibilità in senso lato. Nel caso di nuovi lavori o nuove costruzioni, questi principi devono essere rispettati, pena la dichiarazione di inagibilità.
Le strutture già esistenti
A questo riguardo, i treni, le stazioni, tutti i servizi di navigazione, gli edifici scolastici, gli ospedali e tutto quanto preveda l’accesso al pubblico hanno specifiche disposizioni dedicate. Gli altri restano in una zona grigia e per adeguarsi dovrebbero, appunto, abbattere le barriere architettoniche.
Molte regioni d’Italia hanno stanziato risorse pure importanti destinate agli edifici commerciali di qualsiasi tipo così da incentivare l’abbattimento delle barriere architettoniche. Molto spesso i contributi sono persino a fondo perduto e si quantificano in base alla spesa prevista per gli interventi. Gli aiuti economici
Esistono anche incentivi nazionali e tra questi basterebbe citare il famoso (o famigerato) Superbonus con detrazioni fiscali al 110 per cento dove erano incluse anche le spese per l’acquisto di ascensori, montacarichi e investimenti per agevolare gli spostamenti di persone con disabilità. Peccato che questa detrazione sia ora naufragata nelle dispute politiche nazionali.
Nella legge di Bilancio del 2022 è stata però introdotta una nuova agevolazione. Si tratta delle spese sostenute nel 2022 per la realizzazione di interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti. Si tratta di una detrazione di imposta del 75 per cento delle spese documentate sostenute nel periodo tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2022.