Il political correct nelle canzoni: Hated di Beyoncé nel mirino
L’attenzione del mondo musicale verso il linguaggio sulla disabilità. Succede in America dove Beyoncé, famosa popstar, dovrà reincidere la canzone Hated in quanto contiene un termine considerato offensivo verso i disabili.
Come parlare di disabilità
Le polemiche relative al testo della canzone contenuta nell’ultimo album della cantante americana porta nuovamente alla ribalta il tema del linguaggio riferito alla disabilità. Beyoncé utilizza nella canzone la parola “spaz”. Nel parlato viene utilizzata con significato di “scatenarsi” ma in Gran Bretagna ha un’accezione offensiva in riferimento alla diplegia spastica, una paralisi celebrale che colpisce la capacità di coordinare i movimenti.
Il caso Beyoncé e il precedente di Lizzo
È stata la denuncia social di Hannah Diviney, avvocata australiana e persona con disabilità impegnata sul fronte dei diritti civili ad accendere l’attenzione sul fenomeno degli insulti abilisti nel panorama musicale.
La Diviney, qualche mese fa, ha scritto su Twitter (social network) alla rapper Lizzo in quanto il termine “spaz” appariva nella canzone Grrrls.
Sempre tramite il social network è arrivata la replica della rapper che si è scusata affermando di non voler promuovere un linguaggio discriminatorio e, anzi ha aggiunto: «[…] comprendo il grande potere delle parole (se utilizzate intenzionalmente o nel mio caso involontariamente). Sono orgogliosa e fiera di aver modificato il testo di Grrrls, perché voglio far parte di questo cambiamento».
La rettifica e le scuse
E anche nel caso della canzone di Beyoncé la denuncia arriva via tweet (così si chiamano i messaggi pubblicati su Twitter): «[…] Come uno schiaffo in faccia a me, alla comunità dei disabili e ai progressi che abbiamo cercato di fare con Lizzo […]» scrive l’avvocata in un tweet, «continuerò a dire all’intera industria musicale che si può fare meglio fino a quando gli insulti abilisti non scompariranno».
Un portavoce di Beyoncé ha fatto sapere che la cantante provvederà a sostituire il termine utilizzato verso la fine del brano perché «[…] non l’ha usata intenzionalmente per fare del male».
Emanuele Boi