Neet, triste realtà sociale che colpisce i più giovani
In Italia ci sono più di 3 milioni di Neet, giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano, né studiano. Questo il triste primato tra i Paesi europei che emerge dal rapporto “Neet tra diseguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche”, realizzato da ActionAid e Cgil.
I dati in Italia
I dati del rapporto, riferiti al 2020, indicano il fenomeno come prevalentemente femminile (56 per cento, pari a 1,7 milioni di ragazze) con la percentuale più alta nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni. A livello di distribuzione geografica, la percentuale più alta è residente nel Sud Italia (45 per cento), seguono Nord Ovest (23 per cento), Centro Italia (17 per cento) e Nord Est (15 per cento).
A livello regionale indicano la Sicilia con la quota più alta d’Italia (16,8 per cento) con elevate percentuali anche in Lombardia (10,7 per cento) e Piemonte (7,8 per cento); in Sardegna la quota è pari al 5 per cento.
Diseguaglianze di genere
Per le donne, la percentuale di Neet residenti partono da un minimo di 45 per cento fino a un massimo del 71 per cento; per i maschi invece il minimo è pari al 29 per cento per arrivare a un massimo di 54 per cento.
La percentuale di uomini Neet è concentrata nelle regioni del Centro e Sud Italia mentre le donne Neet sono molto presenti anche nelle regioni settentrionali.
In Sardegna la percentuale femminile di Neet è pari al 53,8 per cento mentre quella maschile del 46,2 per cento.
Diseguaglianze di cittadinanza
I Neet con cittadinanza straniera sono il 18 per cento. Tra le cittadinanze Neet spiccano quella rumena (20 per cento), quella albanese e la marocchina (entrambe 12 per cento) e quella indiana (5 per cento). Anche in questo caso la maggioranza di Neet è di sesso femminile (13 per cento contro il 5 per cento maschile).
Condizione professionale
È possibile dividere, inoltre, i Neet tra “inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili” e “forze di lavoro potenziali”, ovvero dichiarano di aver fatto un’azione di ricerca di lavoro o si sono detti immediatamente disponibili a lavorare.
Anche in questo caso c’è una netta differenza in base al genere: le donne, infatti, si concentrano (27 per cento) tra gli inattivi che non cercano e non sono disponibili; gli uomini tra le forze di lavoro potenziali (16 per cento).
Necessari interventi che rimettano i giovani al centro del dibattito
Per Katia Scannavinni, Vicesegretaria generale ActionAid Italia, «servono politiche integrate, sostenibili nel tempo e che rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani riconoscendo tra le cause della condizione di Neet le disuguaglianze che attraversano l’intero Paese».
Dello stesso avviso anche il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari: «[…] I giovani non sono il problema del nostro Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa. Le condizioni di contesto, infatti, li hanno relegati troppo spesso in una situazione di esclusione sociale».
Emanuele Boi