Cara scuola, ma quanto ci costi
Da una ricerca dell’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie è emerso come le spese minime per l’istruzione ammontano a circa 300 euro all’anno.
Il peso sul bilancio famigliare però, non è lo stesso per tutti
Se i costi non si differenziano di molto passando dalle famiglie povere a quelle più abbienti, risulta ovvio come su queste ultime l’impatto è minimo, mentre per i meno fortunati diventa quasi un lusso mandare i figli alla scuola pubblica.
Oltre ai libri, che è possibile acquistare con dei bonus, c’è tutto il materiale necessario alla didattica che spesso, ma non sempre, viene fornito ai più bisognosi da associazioni di volontariato.
Quando l’istruzione diventa un’esigenza difficile da soddisfare
Le famiglie si trovano così a dover tagliare i costi da altre parti. A farne le spese è il più delle volte la salute perché c’è chi rinuncia a curarsi per mandare i figli a scuola.
Il 2023 è alle porte e i ricercatori dell’Osservatorio si dicono preoccupati: «ci aspettiamo la crescita dell’inflazione, la crescita dei tassi di interesse, rate dei mutui che potranno aumentare anche di 150 euro. Se consideriamo un mercato del lavoro con salari fermi da almeno dieci anni, ci rendiamo conto di come questo scenario potrà creare difficoltà a tante famiglie».
Dopo la pandemia e la conseguente perdita del lavoro da parte di molti giovani precari, la situazione si è fatta sempre più difficile, tanto da far definire questa categoria “hard losers” (dall’inglese loser, perdente e hard usato come rafforzativo del concetto, ndr) comprendendo tutti coloro che hanno visto una diminuzione del reddito per il 35 per cento.
Una recessione al femminile
Le donne costituiscono quasi la metà del campione preso in esame e rappresentano la fetta più consistente degli hard losers, ben i 2/3 del totale. Tanto da guadagnarsi una categoria tutta loro, quella della she-cession (neologismo ottenuto dalla fusione delle parole inglesi she che significa lei, e recession, ovvero recessione, ndr). Il profilo è quello di donne sotto i 40 anni, coniugate e con almeno un figlio, impiegate in settori specifici e con contratti meno garantiti e meno retribuiti.
Roberta Gatto