Ballare senza sentire, Carmen Diodato: «siamo tutti diversi e questo ci rende unici»
Chi di noi non ha mai mosso qualche passo a ritmo di musica? E chi non si è mai lasciato trascinare dalle note di una melodia battendo un piede, muovendo un po’ la testa o ondeggiando i fianchi?
Secondo uno studio del 2009 condotto da un team di ricercatori internazionali, il senso del ritmo sarebbe una qualità innata negli esseri umani, indipendente dalla possibilità di percepire il battito del cuore materno o i suoni provenienti dall’ambiente che li circonda.
Sicuramente è qualcosa che va al di là dei cinque sensi e lo dimostra la storia che stiamo per raccontarvi.
Ballare senza sentire
A Palermo va in scena il balletto di PëtrIl’ičČajkovskij “Lo schiaccianoci” e nel cast figura il nome di Carmen Diodato, ballerina 34enne originaria di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, siciliana d’adozione.
Alle spalle un curriculum di tutto rispetto: nel 2013 entra nel corpo di ballo dell’Arena di Verona, nel 2016 firma un contratto con il Teatro Massimo di Palermo.
Una passione che coltiva fin da bambina, quella per la danza classica, che le costa molti sacrifici e qualche delusione: a 12 anni supera l’audizione e si iscrive alla scuola di danza del Teatro San Carlo di Napoli che però deve però lasciare a un passo dal diploma in seguito a una bocciatura.
«Ogni mattina mi alzavo fra le 4 e mezza e le cinque per studiare, alle otto andavo a scuola, mio padre mi veniva a prendere all’uscita per portarmi al San Carlo e riprendermi poi quasi a ora cena. Sono stati anni duri, ma molto formativi perché lì ho deciso che avrei danzato a ogni costo».
E così ha fatto. Nonostante la direttrice della scuola le avesse consigliato un intervento chirurgico invasivo per poter sentire, Carmen ha preferito cambiare istituto e si è diplomata alla scuola Angelo Parisi di Napoli. Da lì in poi è stato un susseguirsi di successi.
Ma come è nata la sua passione per la danza?
I primi passi
Nata con una sordità bilaterale congenita, Carmen ha mosso i primi passi sulle punte in una scuola di danza di Sant’Anastasia, un piccolo paese in provincia di Napoli, quando aveva appena quattro anni.
«Non sentivo la musica, ma percepivo le vibrazioni sul pavimento in parquet e le onde sonore emesse dalle casse» racconta la ballerina. «Ero stregata da quell’armonia, come ipnotizzata e allora seguivo gli insegnamenti della mia maestra di ballo e danzavo».
La sordità non l’ha mai fermata dal rincorrere il suo sogno: «Il problema non sono io che non ci sento, ma gli altri che ne fanno un problema»afferma. E conclude: «l’unico vero limite è nella testa. Chi ha una difficoltà non deve isolarsi perché in questo modo verrà a sua volta isolato, siamo tutti diversi e questo ci rende unici».
Roberta Gatto