Giovani, come state in Italia?
In Italia i giovani vivono peggio degli anziani. Il Bel Paese invecchia mentre i ragazzi sono costretti a restare casa o emigrare per cercare altrove lavoro e stabilità. A dirlo sono i numeri diffusi dall’Istat, nel suo Rapporto Annuale.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, i giovani escono dalla famiglia sempre più tardi e sperimentano percorsi di vita “meno lineari del passato” spostando così in avanti le tappe di transizione allo stato adulto.
In casa dei genitori
Più della metà dei ragazzi di età compresa tra i 20 e i 34 anni (5,5 milioni di persone, celibi e nubili), vive con almeno un genitore. C’è anche chi espatria: il saldo migratorio con l’estero degli italiani è negativo dal 2008 e ha prodotto una perdita netta di circa 420mila residenti. Sempre i crudi numeri rivelano come circa la metà di chi emigra, 208 mila, è costituita proprio da 20-34enni. Tra loro (quasi due su tre) hanno un livello di istruzione medio- alto. Uno spreco, insomma.
I dati sugli anziani
Dall’Istat arrivano nello stesso rapporto indicazioni incoraggianti riguardo la vita degli anziani. Il processo di invecchiamento, come spiega l’Istituto è “caratterizzato da un’evoluzione positiva”: tra gli over 65 “si osserva una maggiore diffusione di stili di vita e abitudini salutari”. Tra i meno giovani aumenta la pratica di sport, dall’8,6 per cento del 2008 al 12,4 per cento del 2018. Ma migliora anche la partecipazione culturale (cinema o teatro) con numeri in crescita. E così, se si dovesse confermare la tendenza, le generazioni del baby boom, che avranno beneficiato di migliori condizioni, “diventeranno ‘anziane’ sempre più tardi”.
In Italia pochi figli
In evidenza il declino demografico o “recessione demografica” dell’Italia dove si registrano sempre meno nascite registrate. L’Istat rivela infatti come “secondo i dati provvisori relativi al 2018, sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008”. Fino al 2016, quando si interrompono di dati statistici, il 45 per cento delle donne tra i 18 e i 49 anni non aveva avuto figli. Eppure, coloro che dichiarano che l’avere figli non rientra nel proprio progetto di vita sono meno del 5 per cento.
Popolazione lavorativa
L’Istat sottolinea come “I confini tra una fase e l’altra della vita sono sempre meno definiti”. Gli studi, il lavoro e la famiglia seguono un “ordine meno rigido” ed “è sempre più raro” che corrispondano a “un’autonomia economica e di scelte di vita” propria dell’età adulta. Con l’allungamento della vita, si è “dilatata anche la fase che intercorre tra l’uscita dal mondo de lavoro e l’entrata nell’età anziana già avanzata”. Un aspetto neanche tanto negativo dal punto di vista economico, visto come il numero dei giovani continuerà sempre più a calare.“Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2 per cento del totale, circa 10 punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L’Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa”.
Popolazione italiana in calo
Nel complesso, la popolazione residente in Italia è in calo dal 2015 di 400mila residenti. Senza gli stranieri, la recessione demografica sarebbe iniziata negli anni ’90. È invece aumentato il numero degli over 85: a inizio 2019 erano circa 2,2 milioni. L’Italia, insieme alla Francia, detiene il record europeo del numero di ultracentenari: quasi 15 mila.
Il saldo migratorio con l’estero è positivo da 40 anni. Cala però il suo peso riguardo il declino demografico. Nel 2018 si stima un saldo positivo di oltre 190 mila unità. I cittadini stranieri residenti in Italia al gennaio 2019 sono 5,2 milioni, pari all’8,7 per cento della popolazione. I minorenni di seconda generazione sono un milione e 316 mila, pari al 13 per cento della popolazione minorenne. Di questi, il 75 per cento è nato in Italia, 991 mila.
Giovani italiani sovra istruiti
Quattro giovani su dieci risultano sovra-istruiti. Nel 2018 il 42,1 per cento dei laureati tra i 20 e i 34 anni occupati e non più in istruzione era interessato da un “mismatch” che ha la forma della sovra-istruzione, visto come il titolo di studio posseduto è superiore a quello richiesto. Si tratta di “un livello superiore di più di dieci punti percentuali rispetto a quello della popolazione laureata adulta”.
E sempre i giovani sono protagonisti anche di un generale calo nella partecipazione civica e politica. Fenomeno più marcato tra i ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni mentre un trend simile si rileva tra i 20-34enni.