Sindrome di Duchenne, nuove scoperte per la cura della malattia invalidante
La patologia colpisce circa 5mila persone nel nostro Paese ed è una tra le forme più diffuse di distrofia muscolare.
Le nuove scoperte
Una equipe di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare di Pozzuoli (Cnr-Icb) ha scoperto una correlazione tra questa malattia (che porta a un progressivo indebolimento del sistema muscolo-scheletrico) e alcuni batteri presenti nel microbiota intestinale.
Come sottolineato dal professor Fabio Arturo Iannotti che ha coordinato il team di ricerca, sono sempre più gli studi che mettono in correlazione il mancato equilibrio della flora batterica intestinale (condizione nota come disbiosi) con malattie di natura infiammatoria e autoimmune:
«Molte pubblicazioni scientifiche dimostrano che la diversità e il ruolo del microbiota intestinale ricoprono un ruolo chiave nel controllo di numerose funzioni nel nostro organismo. Sebbene molti dei segnali chimici che sottendono la comunicazione tra il microbiota intestinale e i diversi organi e tessuti dell’organismo restino ancora da decifrare, sono proprio le connessioni dell’asse intestino-cervello e intestino-muscolo le maggiormente conosciute».
Nuove frontiere per la cura
L’equilibrio della flora batterica intestinale sembrerebbe essere quindi compromesso nei pazienti affetti da questa sindrome rara. Inoltre, un particolare tipo di molecola detta butirrato (prodotto nel nostro organismo dai batteri buoni presenti nell’intestino) è in grado di stimolare a sua volta la produzione di un’altro tipo di molecole dette endocannabinoidi, importanti per contrastare i processi infiammatori e quelli muscolo-degenerativi: secondo lo studio, alterate funzioni delle endocannabinoidi sono correlate con una maggiore severità dei sintomi legati a questa patologia.
Il nostro intestino
In altre parole, immaginando il nostro intestino come una grande catena di montaggio, se viene a mancare un singolo elemento della catena, il meccanismo si inceppa. Ecco allora che «alterazioni a carico della produzione e funzione degli endocananbinoidi sono state descritte in un ampio numero di patologie umane» spiega Iannotti. «Ed anche in questo caso il nostro gruppo di ricerca, conducendo studi scientifici pioneristici, è riuscito di recente a dimostrare come sia proprio l’endocannabinoide 2-AG a espletare un ruolo chiave durante la formazione e lo sviluppo del muscolo scheletrico sin dalle prime fasi di sviluppo embrionale e, inoltre, la regolazione farmacologica degli endocannabinoidi potrebbe presto diventare una strategia terapeutica vincente contro la degenerazione muscolare innescata dalla patologia».
Roberta Gatto