Riflessioni su linguaggio e disabilità: si può mettere un freno all’odio online?
Il quadro che questa realtà dipinge è da brividi: essere donne con disabilità equivale a essere doppiamente oggetto di insulti e molestie, doppiamente esposte e indifese. Perché in Italia non esistono ancora misure in grado di contrastare la violenza sulle donne con disabilità.
E finché a chiunque sarà permesso di sparare a zero sulla categoria attraverso podcast, dirette, post e chi più ne ha più ne metta, non si andrà mai da nessuna parte.
Il caso
Abbiamo già raccontato lo scivolone di Fedez nel suo programma “Muschio selvaggio” (vedi articolo https://www.cittadinanzasocialenews.it/2022/11/28/muschio-selvaggio-lo-scivolone-di-fedez-co-sulla-disabilita/) quando, tra le varie battute infelici, quella del tiktoker Emanuel Stoica sulla facilità di commettere violenza sessuale sulle donne in carrozzina aveva fatto indignare il web.
Oggi, sulla scia di quel triste episodio, ci troviamo a parlare dell’ennesimo streamer (cioè di una persona che carica i propri contenuti video online, Ndr.) che ha sfruttato la possibilità di intervenire in un podcast per dare aria alla bocca.
Non ci sono parole più eleganti, infatti, per commentare quanto detto da Daniele Simonetti (in arte Sdrumox) durante l’episodio di “Fa pensare”pubblicato su Youtube e rimosso in seguito alle proteste di Fish Onlus, la Federazione italiana superamento handicap.
Durante la “trasmissione”, Daniele Simonetti e i suoi colleghi youtuber si sono lasciati andare a una serie di considerazioni sulle donne con disabilità scadendo nella volgarità più infima e sentendosi per giunta dei paladini del pensiero libero e senza censura.
Peccato che, in 1 ora e 40 di sparate molto al di sotto dei limiti della decenza, verrebbe da chiedersi se questi ragazzi siano davvero in grado di pensare a ciò che stanno dicendo. O se piuttosto stiano rincorrendo un’immagine di brutti, sporchi e cattivi alimentata da una certa moda dilagante sui social.
Lo stesso Simonetti era stato recentemente espulso dalla piattaforma Twitch per un video pieno di contenuti offensivi. Ciò che fa davvero riflettere, però, è il seguito di giovanissimi che personaggi di questo tipo hanno sui social: la puntata incriminata è infatti stata seguita da oltre 50mila utenti entusiasti.
Una mappa per l’intolleranza
Lo scorso lunedì 23 gennaio è stata presentata la settima edizione della Mappa dell’Intolleranza di Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, da cui è emerso che l’odio sui social si sta sempre più focalizzando su tre categorie: donne, persone con disabilità e persone omosessuali. Realizzata in collaborazione con le Università Statale e Cattolica di Milano, Aldo Moro di Bari e Sapienza di Roma, la mappa identifica e geolocalizza i Tweet contenenti parole sensibili secondo criteri di intolleranza razziale (migranti, ebrei e musulmani), sessuale (donne e persone omosessuali) e contro persone con disabilità.
I dati
Su 629.151 tweet estratti da gennaio a ottobre 2022, il 93 per cento (583.067) contenevano parole d’odio contro una delle sei categorie; in particolare, il 43,21 per cento contro le donne e il 33,95 per cento contro persone con disabilità.
I picchi si sono avuti rispettivamente in occasione dell’elezione di Giorgia Meloni a Presidente del Consiglio e in merito alla sua decisione di usare il maschile per la carica ricoperta e in seguito a un’omelia di papa Francesco che invitava a considerare la disabilità una sfida per costruire insieme una società più inclusiva. Da notare, nel caso delle donne, che i picchi si sono verificati in concomitanza con l’aumento dei femminicidi, evidenziando la correlazione tra odio online e azioni violente nel mondo reale.
Dalla mappa, emerge come la misoginia è più diffusa al Centro e al Sud Italia, mentre le discriminazioni contro le persone con disabilità sono più frequenti nel nord ovest, in Emilia e Toscana.
Il peso del linguaggio
Dopo aver richiesto e ottenuto la rimozione del video di Simonetti da Youtube, il presidente di Fish Onlus Vincenzo Falabella ha così commentato la vicenda:
«Frasi dure, a dir poco, che provengono da giovani, in una sede diffusissima tra i giovani stessi: questo la dice lunga su quanto lavoro vi sia ancora da fare sul piano culturale per combattere l’intolleranza e le parole di odio a tutti i livelli. In tal senso non posso che condividere la richiesta proveniente dal nostro gruppo Donne di coinvolgere tutte le organizzazioni rappresentative di persone con disabilità nel promuovere, sviluppare e monitorare iniziative dedicate a combattere il linguaggio e le azioni d’odio, prevedendo anche specifici servizi di supporto alle vittime».
Le parole creano la realtà che ci circonda. Educare i giovani (e non solo) a un uso proprio del linguaggio potrebbe significare la costruzione di un mondo più civile.
Roberta Gatto