Calcio per non vedenti sbarca in Etiopia
Si chiama “Ethiopian Sport initiative for Blind and visually impaired” il progetto avviato da Fispic – Federazione Italiana sport paralimpici e ciechi e l’associazione Ipo-Increasing people opportunities. L’obiettivo posto è consentire a circa 200 bambini di Soddo, in Etiopia, di praticare attività sportiva.
Come nasce il progetto
Spiega Michele Pugliese, Ct della nazionale italiana di calcio a 5 non vedenti: «la Federazione ha avuto un contatto con l’associazione Ipo, portando all’attenzione l’esistenza di una scuola per non vedenti in cui non si praticava attività sportiva». A novembre Sandro Di Girolamo, presidente della Fispic, visita l’istituto a Soddo e viene siglato un accordo con l’Unione ciechi etiope.
E proprio l’Enab (Unione ciechi d’Etiopia) è il principale punto di riferimento non solo per la fornitura di materiale tecnico e gli equipaggiamenti, ma anche per la formazione, il coaching e l’arbitraggio.
Il viaggio a gennaio
Dal 7 al 13 gennaio, il Ct Michele Pugliese, Michele Carrino e Antonio di Giovine (tecnici di goalball e torball) e Renato Tomei (responsabile attività internazionali della Fispic) sono partiti per l’Etiopia.
Per una settimana, quindi, nella città etiope si è tenuto un campus di una settimana. Dovendo gettare le basi per lo svolgimento della pratica sportiva i momenti di formazione si alternavano ai momenti pratici. Racconta Pugliese: «il presidente ha chiesto di formare per ogni sport un arbitro e un tecnico. Hanno fatto tradurre i nostri manuali in amarico. La mattina si faceva formazione e il pomeriggio la pratica».
Le discipline insegnate
Non sono mancate le difficoltà logistiche. Spiegano: «il tavolo da showdown per cui avevamo inviato le misure non era proprio perfetto, la palestra per goalball e torball era in una baracca e il campo da calcio in terra battuta» ma questo non ha fermato l’entusiasmo e lo svolgimento delle attività.
Nel goalball si affrontano due squadre composte da tre giocatori e tre riserve. L’obiettivo è mandare nella porta avversaria una palla che contiene dei sonagli metallici. Per garantire parità di condizione tra non vedenti assoluti e ipovedenti, tutti i giocatori indossano una benda. La partita dura ventiquattro minuti, divisi in due tempi da dodici. Nel campo sono posti dei segnali tattili che aiutano gli atleti nell’orientarsi in campo. Nel 1980 il goalball entrò ufficialmente nel programma dei Giochi paralimpici estivi.
Il torball è simile, con la differenza che il campo è diviso da delle cordicelle (dotate di campanellini). Scopo del gioco è mandare il pallone (con dei sonagli) nella porta avversaria facendolo passare sotto le cordicelle senza che queste vengano toccate. In caso la palla tocchi le cordicelle si assegna un fallo con la momentanea uscita del giocatore che ha commesso l’infrazione. Ogni tre falli si assegna un rigore agli avversari. Nel caso del torball, le partite durano dieci minuti.
Lo showdown, infine, è una disciplina simile all’air hockey o al ping pong. Si gioca in due su un tavolo rettangolare. Questo è diviso da uno schermo centrale e nei lati corti c’è una porta. Scopo del gioco è segnare nella porta avversaria. Il giocatore riceve 2 punti per ogni goal e 1 punto nel caso l’avversario colpisca lo schermo. Anche in caso di infrazioni vengono assegnati dei punti al giocatore avversario. La partita è divisa in 3 set (si vince la partita aggiudicandosi 2 set) da 11 punti (con una differenza di 2 dall’avversario). Nel caso di semifinali e finali si gioca al meglio di 5 (necessario vincere 3 set per aggiudicarsi l’incontro). Nello showdown si indossano degli occhiali protettivi oscuranti (per assicurare parità di condizione tra ciechi assoluti e ipovedenti), una racchetta, un guanto per proteggere la mano e una pallina con dei sonagli in modo che sia udibile.
Emanuele Boi