Sclerosi multipla, nuove speranze dalle staminali
Si tratta di una scoperta tutta italiana fatta dal team della dottoressa Matilde Inglese responsabile del centro sclerosi multipla dell’Università di Genova e dell’Irccs Ospedale San Martino. Lo studio pubblicato sulla rivista Neurology è stato finanziato dalla Fism (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla).
Il ruolo delle staminali
Le cellule ematopoietiche vengono prelevate dai pazienti e reinfuse nel sangue dopo essere state trattate per ridurre la risposta del sistema immunitario che, nella sclerosi multipla, le attacca non riconoscendole come parte dell’organismo.
L’obiettivo del trattamento è quindi “rieducare” il sistema immunitario eliminando le cellule reattive.
La terapia sembra aver dato buoni risultati sia in pazienti con malattia attiva che non rispondono ai trattamenti (principalmente persone giovani), sia in pazienti con sclerosi multipla secondaria progressiva.
La ricerca
Dal confronto tra i risultati ottenuti in persone trapiantate con staminali e persone trattate farmacologicamente è emerso come il trapianto sembra rallentare la malattia nel 62 per cento dei casi, contro il 46 per cento del trattamento con farmaci.
«I risultati sono da prendere con cautela» spiega la dottoressa Inglese «perché parliamo di uno studio che non ha tenuto in considerazione l’uso nel gruppo di controllo di farmaci più innovativi. Ma con tutte le limitazioni del caso, i dati suggeriscono che il trapianto di staminali sembra ritardare la progressione della disabilità rispetto ai pazienti in trattamento farmacologico».
La ricerca non si ferma, come sottolinea Inglese: «i dati sono incoraggianti e mostrano che il trapianto di cellule ematopoietiche autologhe in persone con grande attività di malattia secondariamente progressiva potrebbero rallentare la progressione e l’accumulo della disabilità rispetto ad altre terapie in pazienti con stesse forme di malattia».
Roberta Gatto