Stop ad asterischi e schwa: l’Accademia della Crusca mette un freno al dibattito linguistico perché poco inclusivo
La lingua si evolve, il Paese si divide. Infatti, se da un lato c’è chi vorrebbe depurare la nostra lingua dal retaggio maschilista utilizzando innovazioni fonetiche e grammaticali in realtà poco inclusive (e più avanti spiegheremo perché), dall’altro c’è chi si oppone a questo stravolgimento, pur comprendendo le motivazioni dietro la ricerca di un linguaggio che tenga conto di tutte le categorie di parlanti.
Cosa dice l’Accademia della Crusca
L’intervento nel dibattito da parte degli esperti nasce dalla necessità di dare risposta a un quesito, posto dal comitato pari opportunità della Corte di Cassazione, sulla scrittura negli atti giudiziari.
«I principi ispiratori dell’ideologia legata al linguaggio di genere e alle correzioni delle presunte storture della lingua tradizionale non vanno sopravvalutati» spiega la Crusca, «perché sono in parte frutto di una radicalizzazione legata a mode culturali». E prosegue: «queste mode hanno d’altra parte un’innegabile valenza internazionale, legata a ciò che potremmo definire lo “spirito del nostro tempo”, e questa spinta europea e transoceanica non va sottovalutata».
A preoccupare gli esperti linguisti è quindi la diffusione di quell’ondata culturale progressista sugli usi della lingua che proviene dal continente americano.
La risposta al quesito
«È da escludere nella lingua giuridica l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato, introdotti artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi, per quanto ben intenzionati» ha dichiarato la Crusca. «Va dunque escluso tassativamente l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico. Lo stesso vale per lo scevà o schwa».
Perché asterischi e schwa non sono realmente inclusivi
La risposta della Crusca fa tirare un sospiro di sollievo a coloro che hanno difficoltà nella lettura. Si tratta non solo di persone con disabilità visiva, ma anche di persone con Dsa come dislessici e disgrafici.
Per i primi, che utilizzano sintesi vocale, un testo pieno di asterischi e schwa risulta totalmente incomprensibile. Per dare un’idea di ciò che stiamo dicendo, una semplice frase come:”Buongiorno a tutt* amicə” verrà vocalizzata a seconda dei casi come “Buongiorno a tuttasteriscoamicschwà” o “Buongiorno a tuttasteriscoamic”.
Per quanto riguarda le persone con Dsa, invece, la lettura viene resa ancora più difficoltosa dalla presenza di segni che omettono il genere e il numero.
No alla duplicazione, sì alla declinazione
Cosa fare, allora, per essere maggiormente inclusivi? L’Accademia si è espressa anche in questo senso, bocciando l’uso della «reduplicazione retorica, che implica il riferimento raddoppiato ai due generi» come nella frase “Buongiorno a tutti e tutte”, ma incoraggia invece la declinazione al femminile di nomi di professioni, come architetta e sindaca, insieme all’utilizzo di «forme neutre o generiche (per esempio sostituendo “persona” a “uomo”, “il personale” a “i dipendenti”), oppure (se ciò non è possibile) il maschile plurale non marcato».
Roberta Gatto