Stop agli stereotipi sulla sordità: «un mondo difficile e molto variegato»
Il progetto social lanciato dalle ragazze e chiamato thedeaf.soul (sordi.anima), mira a informare le persone sul mondo dei sordi, «un mondo difficile e anche variegato» come spiegano le due blogger, «perché c’è chi si sente parte di una Comunità e considera la sua sordità come una caratteristica che lo contraddistingue dagli altri. Poi ci sono i sordi che considerano la sordità come una semplice disabilità, portando avanti l’oralismo e l’indipendenza e chiedono sottotitoli in tutti gli ambiti e soprattutto centri specializzati per la riabilitazione logopedica, ma anche lo screening neonatale, importante per la diagnosi precoce».
Lo scorso tre marzo, in occasione della Giornata mondiale della Sordità, le due giovani hanno dato qualche dritta in materia, ricordando come in Italia la comunità dei sordi comprende ben 7 milioni di persone con sordità e ipoacusia. Ben 466 milioni nel mondo.
Ma quali sono i termini corretti per indicare una persona con disabilità uditiva? Secondo le ragazze, il termine corretto è sordo o ipoacusico. «Sordomuto, non udente, audioleso sono obsoleti e non rappresentano il vero lessico italiano. Sono solo la dimostrazione di una carente informazione sul mondo della disabilità, senza tra l’altro esprimere rispetto e comprensione. Stessa cosa vale quando diciamo “linguaggio dei segni” o “linguaggio mimico-gestuale”: il termine giusto è lingua dei segni».
La Lis (lingua italiana dei segni) non è tuttavia l’unica forma di comunicazione che una persona sorda può utilizzare: «possiamo essere inclusi nel mondo degli udenti parlando l’italiano perfettamente e sentendo attraverso i mezzi adeguati (impianto cocleare e protesi acustiche). Secondo noi, la vera inclusione è garantire a tutti la possibilità di scegliere percorsi adatti alle proprie esigenze. È fondamentale informare correttamente e abbattere lo stereotipo sordo=lis».
Differenze tra impianti e protesi
«Gli impianti cocleari non sono protesi acustiche» spiegano le ragazze; «infatti non amplificano i suoni (come le protesi acustiche fanno di norma), ma captano il suono, lo convertono in segnali/impulsi elettrici – esattamente come farebbe una coclea e trasferiscono i segnali/impulsi elettrici appena generati al nervo cocleare, stimolandolo». Insomma, ormai anche le persone sorde possono sentire il mondo che le circonda grazie ai progressi fatti nel campo della ricerca. È quindi tempo di sfatare miti e tabù attorno al mondo della sordità e le ragazze lo fanno suggerendo di immaginare un mondo fatto solo di persone sorde: «se fossimo tutti sordi» spiegano, «si modificherebbe il comportamento nei confronti del digitale creando uno stato di iperconnessione, ci sarebbe un calo elevato di atti discriminatori riguardo alla sordità grazie alla comprensione del disturbo, e un incremento di sottotitoli in qualsiasi display per leggere e comunicare in quanto privi di udito; aumenterebbe anche lo sviluppo del contatto visivo, che ha un ruolo importante nel processo di ottenimento delle informazioni. Infine, ci sarebbe un calo dei suicidi perché la sordità non sarebbe più percepita come una disabilità che riduce la possibilità di informazione e comunicazione e che impatta negativamente sulla qualità della vita».
Sessualità senza tabù
Altro argomento che ancora oggi si scontra con barriere culturali e sociali è quello della sessualità delle persone con disabilità, di cui abbiamo già parlato in articoli precedenti.
Per quanto riguarda le persone sorde, Ludovica e Chiara parlano di Pornhub, un portale pornografico che ha aggiunto sottotitoli e descrizioni testuali ad alcuni video: «Si tratta di elementi che consentono anche a chi non sente di seguire i dialoghi tra i personaggi. Può sembrare superfluo e forse lo è davvero, ma anche i dialoghi aiutano ad “accendere” la passione. Ma non solo: i testi riportano anche rumori esterni e altri elementi sonori».
Questo per ricordare che le persone sorde hanno gli stessi bisogni degli altri, e che non è la presenza o meno di una disabilità sensoriale a renderci diversi.
Roberta Gatto