Ictus, tra le prime cause di disabilità in Italia
Sono circa 185mila le persone colpite ogni anno in Italia da ictus conducendo a una condizione di disabilità nel 75 per cento dei casi. L’ictus può portare al decesso entro un mese nel 20-30 per cento dei casi ed entro un anno nel 40-50 per cento. Inoltre, sono circa 913mila i sopravvissuti nel nostro Paese, molti dei quali vivono con disabilità permanenti.
La prevenzione prima di tutto
L’Associazione Italiana Ictus (Isa-Aii) sottolinea l’importanza di migliorare lo stile di vita per prevenire l’insorgenza di questa problematica che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, colpisce nel 95 per cento dei casi persone sopra i 45 anni. Non è quindi una malattia che riguarda solo gli anziani.
Cosa fare per mantenere un corretto stile di vita?
Smettere di fumare, evitare l’eccessivo consumo di alcol, seguire un’alimentazione equilibrata e praticare attività fisica regolare sono tutti fattori che possono ridurre il rischio di ictus. Inoltre, numerose condizioni e patologie come ipertensione, obesità, diabete mellito e malattie cardiache possono contribuire alla sua comparsa. È dunque fondamentale monitorare attentamente la propria salute e sottoporsi a controlli regolari.
Negli ultimi anni, l’attenzione verso il recupero delle funzionalità dopo un ictus, si è intensificata grazie a una serie di campagne di sensibilizzazione, ma la prevenzione rimane l’arma più efficace.
L’impatto sociale
L’ictus ha anche un impatto sui sistemi sanitari, con costi stimati fino a 60 miliardi di euro a livello europeo e con una previsione di incremento fino a 86 miliardi entro il 2040.
Anche per questo, , la European Stroke Organisation ha avviato nel 2018 il progetto “Stroke Action Plan for Europe” con l’obiettivo di ottenere risultati concreti entro il 2030. In che modo? Migliorando l’assistenza all’ictus, la prevenzione, la gestione dell’evento acuto e l’assistenza ai pazienti con disabilità post-ictus. L’Europa chiede ai Governi di aderire a un documento di impegno per garantire servizi essenziali e monitorare l’attuazione di tali servizi nelle diverse regioni. Attualmente, la Dichiarazione è stata firmata da 10 Paesi in Europa, e si spera che l’Italia possa unirsi presto.
Roberta Gatto