Fuga dei laureati dal Sud: uno su tre fa le valigie
I dati del XXV Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e sulla Condizione Occupazionale dei laureati parlano da sé. Il rapporto coinvolge 281mila nuovi dottori freschi di laurea nel 2022 e altri 670mila laureati da uno, tre e cinque anni per la parte relativa agli sbocchi lavorativi. Il Rapporto 2023 completa il focus sulla mobilità territoriale offrendo un quadro sugli spostamenti dei giovani per motivi di studio e di lavoro.
Cosa dicono questi dati? Intanto si abbassa l’età media della laurea a 25,6 anni alzandosi il voto medio che ormai raggiunge quota 104/110 (mezzo punto in più rispetto al 2021.).
Si registrano ancora alcuni effetti dell’emergenza Covid e c’è l’erosione degli stipendi. Questi crescono solo nel valore nominale, ma hanno un minor potere d’acquisto dovuto all’inflazione.
E c’è un altro dato da tenere in considerazione: l’emigrazione di studenti e ancor più di laureati dalle regioni del Sud. Il “capitale umano” meridionale non rimane a lavorare a casa propria e così viene penalizzato lo sviluppo di questa parte del Paese. La mobilità per motivi di studio ha ripreso a drenare giovani dalle regioni del Sud. Sono proprio i numeri a dirci come quasi uno studente su tre (28,6 per cento) abbandoni. Per capire meglio la portata, in dieci anni, la percentuale è salita di oltre il 20 per cento (era il 23,2 nel 2013). Dalle regioni del centro si è spostato uno studente su 7 (13,9 per cento ), nel Nord hanno cambiato regione in pochissimi (3,6 per cento).
Permane l’insoddisfazione per i servizi del diritto allo studio, soprattutto per quanto riguarda gli affitti, il costo e la qualità degli alloggi.
Aspettative nel lavoro
Negli ultimi anni stanno cambiando le aspettative nei confronti del mondo del lavoro e delle modalità di svolgimento. Si registra infatti un maggiore interesse alla cosiddetta “work-life balance” ossia, il rapporto tra le esigenze di tipo personale e quelle di tipo lavorativo. C’è maggiore disponibilità a lavorare in smart working (40,5 per cento nel 2022) e un incremento dell’importanza attribuita al tempo libero, flessibilità dell’orario, autonomia.
La stabilità del posto di lavoro è una delle priorità per due laureati su tre, più della possibilità di carriera e del guadagno. Va detto che nel 2022, la laurea ha pagato in termini di possibilità di occupazione: a un anno dal conseguimento del titolo risulta occupato il 75,4 dei laureati triennali e il 77,1 dei magistrali. Percentuali che crescono a cinque anni di distanza (rispettivamente 92,1 per cento e 88,7 per cento).
Aumentano i contratti a tempo indeterminato e anche gli stipendi in termini nominali. Ma a un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è, in media, pari a 1.332 euro per i laureati di primo livello e a 1.366 euro per i laureati di secondo livello.
In termini reali, tali valori sono in calo nell’ultimo anno del 4,1 per cento per i laureati di primo livello e del 5,1 per cento per quelli di secondo livello. A cinque anni dal titolo, la retribuzione mensile netta è pari a 1.635 euro per i laureati di primo livello e a 1.697 euro per quelli di secondo livello con una riduzione delle retribuzioni reali rispetto al 2021 del 2,4 per cento e del 3,3 per cento.
Bachisio Zolo