Quali scelte linguistiche adottare quando si parla di disabilità
Un esempio “classico” delle domande più o meno inopportune che le persone con disabilità si sentono rivolgere quotidianamente? «Ma come fai a fare la cacca?».
Il linguaggio non sempre inclusivo usato nei confronti delle persone con disabilità viene trattato nel libro“Comunicazione efficace inclusiva. Tecniche di conversazione e comunicazione assertiva quando si incontra la disabilità”. Edito dal marchio Storiecocciute, la prefazione è del presidente nazionale della Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) Marco Rasconi.
Il linguaggio, si sa, costruisce l’immagine che le persone hanno e danno di sé e può diventare veicolo di narrazioni distorte, stereotipi e tabù.
Scelte difficili
Posto che le persone con disabilità hanno una sensibilità che varia da soggetto a soggetto e che sicuramente può risultare difficile adottare un approccio linguistico pienamente inclusivo che venga percepito universalmente come tale, sicuramente alcune frasi non fa piacere a nessuno riceverle.
Proprio nelle ultime settimane, forse complice il caldo, è accaduto che nella spiaggia ligure di Chiavari un 33enne non vedente sia stato colpito da un malore in seguito a un commento poco felice sulla sua disabilità, proferito da una coppia di milanesi.
Ancora, una coppia di non vedenti si è sentita dire da un tassista che lui, se fosse stato cieco, “sarebbe andato in Svizzera a suicidarsi”.
Parole molto dure da cui trapelano ignoranza e chiusura mentale.
Altri “temi caldi” del linguaggio che ultimamente viene definito “abilista” (ovvero pronunciato da persone senza disabilità con l’intento più o meno consapevole di sminuire chi convive con una disabilità) sono quelli legati al pietismo o al cosiddetto inspiration porn, cioè quel modo di glorificare anche le azioni più semplici solo perché compiute da una persona con disabilità.
A confronto, curiosità più o meno banali come quelle sulle modalità con cui le persone con disabilità espletano i propri bisogni corporei fanno davvero sorridere; di strada in tal senso ce n’è ancora tanta da fare.
Roberta Gatto