“Noi Italia”, il quadro d’insieme elaborato dall’Istat
Pubblicata dall’Istat l’edizione 2023 di “Noi Italia”, la pubblicazione che offre un quadro d’insieme dei diversi aspetti ambientali, economici e sociali del nostro Paese. È possibile scaricare o consultare l’intera pubblicazione sul sito noi-italia.istat.it.
La pubblicazione
Il lavoro è articolato in sei aree: popolazione e società, istruzione e lavoro, salute e welfare, industria e servizi, ambiente e agricoltura, economia e finanza pubblica. Ogni area, oltre a presentare un testo introduttivo e un glossario, mette a disposizione il contesto territoriale (Italia, regioni, Europa).
Alcuni dati
Per quanto concerne la popolazione, al 1 gennaio 2022, l’Italia registra il 13 per cento dei 447 milioni di abitanti dell’Ue. Nel 2021 a incidere sono le conseguenze dirette e indirette della pandemia e gli effetti del calo delle nascite.
Si può osservare, quindi, un decremento della popolazione residente (-0.3 rispetto all’anno precedente). Se il Mezzogiorno si conferma l’area più popolata, il decremento interessa soprattutto il Centro (-0.5 per cento) e l’Italia settentrionale (-0.4 per cento per il Nord-Ovest; -0.4 per cento per il Nord Est).
Cresce l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto percentuale tra la popolazione anziana (65 anni e più) e la popolazione giovanile (meno di 15 anni) che si attesta a quota 187.9 (anziani ogni cento giovani). L’indice di vecchiaia più alto si registra in Liguria (267.2) mentre quello inferiore si trova in Campania (143.6).
In Europa, il nostro Paese si posiziona tra quelli con la speranza di vita alla nascita (ovvero il numero medio di anni che restano da vivere a un neonato) più elevato. Per le donne è pari a 84.8, mentre per gli uomini è di 80.5. Mediamente si vive più a lungo al Centro-Nord (con picchi di 86.3 per le donne e 81.9 per gli uomini, nella Provincia Autonoma di Trento).
Il numero medio di figli per donna è pari a 1.25, valore nettamente inferiore alla soglia minima utile a garantire il ricambio generazionale (pari a 2.1). A livello regionale i livelli più alti si registrano nelle province autonome di Bolzano (1.72) e di Trento (1.42), la Sardegna è la regione con il livello più basso (0.99).
All’inizio del 2022 i cittadini stranieriresidenti in Italia sono circa 5 milioni, che rappresentano l’8.5 del totale dei residenti.
Per quanto riguarda le condizioni economiche delle famiglie, il report evidenzia come il reddito familiare netto medio annuo è di 32.812 euro, metà delle famiglie tuttavia non supera i 26.597 euro.
Nel 2021 la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è pari a 2.437 euro (+4.7 per cento rispetto al 2020), ma metà delle famiglie spende meno di 2.048 euro al mese.
Sono 1.9 milioni (7.5 per cento) le famiglie e circa 5.6 milioni (9.4 per cento) gli individui in povertà assoluta cioè con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta. I minori colpiti dalla povertà assoluta sono 1 milione 382 mila, appartenenti a 762 mila famiglie.
Sale all’11.1 per cento la povertà relativa (sono considerate povere relative le famiglie di due persone che hanno una spesa per consumi pari o inferiore al valore della spesa media per persona), coinvolgendo circa 8.8 milioni di individui. La maggior concentrazione di povertà relativa è nel Mezzogiorno (20.8 per cento).
In ambito di istruzione e lavoro si registra come, nel 2021, la spesa pubblica per l’istruzione rappresenti il 4.1 per cento del Pil (contro la media Ue del 4.9 per cento). Migliora il livello di istruzione degli adulti, tra i 25 e i 64 anni. Nel 2022 si stima una quota di adulti con, al più, la licenza media pari al 37.4 per cento. Sempre nel 2022 diminuisce la quota di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi (11.5 per cento), tuttavia il Mezzogiorno registra un incidenza pari al 15.1 per cento.
Cala, rispetto al 2020, il numero di Neet (ovvero giovani che non lavorano e non studiano). Sono circa il 19 per cento della popolazione tra i 15 e i 19 anni. Il fenomeno è prevalentemente femminile (20.5 per cento, contro il 17.4 per cento maschile) e nel Mezzogiorno è quasi doppia rispetto al Centro-Nord.
Per quanto concerne il mercato del lavoro, si registra un aumento del tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni (+2.1 per cento rispetto al 2021). Lo squilibrio di genere è a sfavore delle donne (55 per cento contro il 74.7 per cento dei coetanei uomini) mentre a livello territoriale si contano oltre 7 persone su 10 occupate contro i 5 su 10 del Mezzogiorno.
Sale l’incidenza del lavoro a termine (16.8 per cento; +0.4 per cento rispetto al 2021) e si registra una lieve riduzione degli occupati part-time (18.2 per cento).
Nel 2022 diminuisce il tasso di disoccupazione (8.1 per cento; -1.4 rispetto al 2021). Il valore del Mezzogiorno (14.3 per cento) supera oltre tre volte quello del Nord-Est e due quello del Centro.
Diminuisce, inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile (-6 punti rispetto al 2021) attestandosi al 23.7 per cento.
Infine proponiamo i dati inerenti la salute e il welfare. Nel nostro Paese, infatti, secondo i dati aggiornati al 2020 la spesa sanitaria pubblica risulta di gran lunga inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Nel 2021, inoltre, le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva (privata e pubblica) per più del 24 per cento.
Cala il numero di posti letto ospedalieri (da 1378 nel 2002 a 1048 nel 2020), la dotazione passa quindi da 4.4 ogni mille abitanti a 3.1 ogni mille abitanti. Questo posiziona l’Italia tra i Paesi Ue con i livelli più bassi di posti letto per mille abitanti.
Dopo la crisi pandemica è aumentata l’emigrazione ospedaliera. Le regioni del Centro-Sud registrano le quote più elevate di flussi in uscita.
La mortalità per malattie del sistema circolatorio torna ai valori del 2018 (28.1 decessi per 10 mila abitanti) e diminuisce la mortalità per tumori (23.9 decessi per 10 mila abitanti). A tal proposito si evidenzia come i tassi più elevati si registrino nel Nort-Ovest, ma nel confronto tra regioni Sardegna e Campania hanno tassi più elevati per la componente maschile della popolazione (rispettivamente 34 e 32.9).
Nel 2021 la spesa per la protezione sociale è pari al 32.5 per cento del Pil nazionale. Questa è destinata principalmente alla funzione vecchiaia (47.3 per cento) e alla funzione malattia (23 per cento), ma risulta essere rilevante anche l’incidenza delle due funzioni congiunte, disoccupazione e altra esclusione sociale, non altrove classificata (11.8 per cento).
La spesa pro capite per la protezione sociale, nel 2020, è di 9.591 euro annui leggermente al di sopra della media Ue (9538 euro).
Sempre nel 2020 si è registrata un’incidenza dei trattamenti pensionistici sul Pil pari al 18.4 per cento (+1.7 rispetto all’anno precedente) mentre l’incidenza delle prestazioni sociali sul Pil è pari al 22.4 per cento (contro il circa 19 per cento nel 2019).
Infine il 36,9 per cento delle risorse gestite dai Comuni per i servizi sociali è destinato alle famiglie con figli, il 25 per cento ai disabili, il 15,9 per cento agli anziani, il 12,2 per cento al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale, il 4,3 per cento agli immigrati e lo 0,3 per cento alle dipendenze da droghe e alcool. Nel Mezzogiorno, i livelli di spesa pro capite sono inferiori rispetto alle Regioni del Centro-Nord, a eccezione della Sardegna.
Emanuele Boi