Dopo 6 mesi, il fabbisogno italiano sale a 92 miliardi: più del doppio rispetto al 2022
Il risultato cumulato nel primo semestre è molto diverso a quello dell’anno scorso: il saldo di cassa del settore statale risulta negativo per 95 miliardi a metà anno, contro i 42,8 miliardi di fabbisogno registrati dopo i primi sei mesi di un anno fa. Cosa significa? Che quest’anno, dopo il primo semestre, c’è ben più che un raddoppio del rosso di cassa dello Stato. L’anno scorso un fabbisogno di 42,8 miliardi dopo sei mesi condusse, a fine anno, a un deficit del 5,6 per cento del prodotto lordo (prima delle revisioni al rialzo dovute proprio all’impatto dei bonus immobiliari). Quest’anno, con un fabbisogno semestrale di cassa più che raddoppiato a 95 miliardi, in teoria dovrebbe portare, a fine anno, con un deficit ridotto al 4,5 per cento.
L’obiettivo di finanza pubblica non è fuori portata
Non è affatto detto che l’obiettivo di finanza pubblica del Governo sia fuori portata, al contrario. Quest’anno 20,7 miliardi di fabbisogno vanno scomputati dal deficit (valutato a Bruxelles) perché derivano da minori entrate per crediti d’imposta immobiliari che appunto sono già state scontate nei conti annuali del periodo 2020-2022. Inoltre, grazie a crescita e inflazione, la base dell’economia italiana a fine 2023 dovrebbe essere di oltre duemila miliardi: un denominatore più alto che, in proporzione, riduce un po’ il peso di debito e deficit. Eppure i flussi di cassa dello Stato restano negativi al di là di quanto è giustificato dai crediti d’imposta dei bonus. Anche senza calcolare questi ultimi, il fabbisogno dopo sei mesi risulta doppio rispetto a un anno fa.
Dal Pnrr all’inflazione
Nella sua nota più recente, il Mef ricorda l’adeguamento delle pensioni all’inflazione e i maggiori prelievi degli enti locali. In note precedenti, la Ragioneria dello Stato cita anche i minori utili trasferiti dalla Banca d’Italia e il ritardo di versamento della terza rata del Piano nazionale di ripresa. Ma colpisce come le entrate nei primi cinque mesi siano cresciute solo dell’1,8 per cento (quelle da imposte indirette sono addirittura scese) anche se il binomio di crescita e inflazione farebbe preconizzare un gettito più robusto. Se si faccia sentire un ritorno all’evasione o qualche altro fattore si capirà con il tempo. Certo questi dati non rendono più facile la prossima legge di bilancio, né la riforma fiscale annunciata dal governo.
Bachisio Zolo