Persone con disabilità e lavoro all’estero: dati sconfortanti dal Forum europeo della Disabilità
Se la situazione lavorativa per le persone con disabilità nel nostro Paese non è delle migliori, all’estero non va di certo meglio. È quanto emerge da un recente rapporto del Forum europeo della Disabilità che ha evidenziato come soltanto il 51,3 per cento delle persone attive con disabilità in età lavorativa ha un lavoro retribuito nei paesi dell’Unione Europea. Dati allarmanti, se si considera come di questi, soltanto il 49 per cento delle donne e il 47 per cento dei giovani con disabilità sono occupati. Evidente la netta disparità rispetto alle persone senza disabilità.
Paesi migliori e peggiori
Il rapporto analizza anche la situazione nei singoli Paesi dell’Unione Europea e si rivelano le nazioni in cui le persone con disabilità incontrano maggiori difficoltà nel trovare un’occupazione. Grecia, Irlanda, Croazia e Spagna si trovano tra i paesi con le peggiori situazioni lavorative mentre Danimarca, Estonia e Lettonia mostrano i tassi di occupazione più elevati per questa categoria.
Il nostro Paese, l’unico in Europa ad avere una legge che garantisce l’occupazione per le cosiddette “categorie protette” (legge 68/99), si attesta nel mezzo, a conferma di quanto questa normativa sia ormai vecchia e poco efficace.
Inoltre, i dati del 2022 della Commissione Europea mettono in evidenza una differenza sostanziale tra le persone occupate con disabilità e quelle senza disabilità. In Europa, il tasso di occupazione generale è del 75,6 per cento, ma tra le persone con disabilità questo valore si abbassa al 51,3 per cento. Questo divario di 24,4 punti percentuali e sottolinea le difficoltà che le persone con disabilità devono affrontare nel mercato del lavoro.
Le cause
A sfavorire l’inclusione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro intervengono molteplici fattori, primo fra tutti la mancanza di accomodamenti ragionevoli. Si tratta di quelle soluzioni atte a consentire ai lavoratori con disabilità di svolgere il proprio lavoro in base alle loro capacità e alle esigenze specifiche. Qualche esempio? Gli ausili tiflotecnici, informatici, postazioni accessibili ed edifici privi di barriere architettoniche. A seguire, la discriminazione, i pregiudizi e l’accesso limitato a un’istruzione inclusiva e di qualità.
In questo senso, le donne risultano essere particolarmente svantaggiate, nonostante una maggiore istruzione rispetto agli uomini con disabilità. Il tasso di occupazione femminile è infatti, seppur di poco, inferiore a quello maschile (49 per cento rispetto al 53,9 per cento). Le donne con disabilità, inoltre, hanno tassi di occupazione a tempo pieno inferiori rispetto alle donne senza disabilità e vengono pagate meno, sia rispetto agli uomini con disabilità che alle donne senza disabilità.
Infine, a porre i lavoratori con disabilità in una situazione difficile, concorre anche la necessità di ricevere assistenza: per questo motivo, il Rapporto sui diritti umani sottolinea l’importanza di continuare a fornire assegni di invalidità per compensare le spese aggiuntive anche in caso di impiego a tempo pieno. L’accesso a farmaci e spese mediche, la necessità di assistenza non solo domestica, ma anche semplicemente per essere accompagnate al lavoro, unitamente alle sfide quotidiane di una società spesso inaccessibile, rendono le persone con disabilità più vulnerabili alla povertà. In conclusione, il supporto finanziario risulta quindi essenziale per garantire loro un adeguato livello di sostegno, anche in presenza di un impiego retribuito.
Roberta Gatto