Salvare la vista? Servono diagnosi e cure tempestive accessibili a tutti
In Italia, una persona su cinque soffre di limitazioni della vista gravi (circa il 2 per cento della popolazione dai 15 anni in su) o moderate (il 16,7 per cento della popolazione). Percentuali ben più alte si registrano tra chi è più in là con gli anni perché ad avere gravi o moderati problemi agli occhi è il 33,8 per cento degli ultrasessantacinquenni e ben il 41,9 per cento degli ultrasettantacinquenni. A dirlo sono i dati (2019) della «Relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva».
Il numero delle persone affette da ipovisione è in aumento anche perché il progressivo aumento della speranza di vita ha portato a una maggiore diffusione di malattie oculari quali la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma, la cataratta, patologie vascolari retiniche.
Il rischio
Il rischio è che entro il 2030 raddoppino le persone cieche se non s’interviene subito. A dirlo è la Società italiana di oftalmologia (Soi) che richiama l’attenzione sulla necessità di un’inversione di rotta sul fronte della prevenzione e dell’assistenza oculistica nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Visite in ritardo e frammentate
Oggi per un intervento di cataratta in una struttura del Ssn si possono attendere anche due, tre anni. Così come sono lunghe le attese nel pubblico per visite ed esami diagnostici. Chi può permetterselo si rivolge al privato. Chi non può spendere, attende o rinuncia alle cure. Le visite, poi, sono “frammentate” e cioè, non si riesce a effettuare una visita oculistica completa nel pubblico con un unico accesso. Ogni esame è regolato da tempistiche differenti e ticket da pagare. Risultato? Prima di avere una diagnosi passano almeno 3, 6 mesi e nel frattempo, senza trattamenti adeguati, peggiora la patologia e la vista.
Tecnologie innovative
In campo oculistico, negli ultimi vent’anni ci sono stati enormi progressi: dallo sviluppo di tecnologie innovative che permettono diagnosi sempre più precise in tempo reale, alle nuove tecniche chirurgiche e terapie farmacologiche. Difficoltà organizzative ed economiche penalizzano però il nostro Servizio sanitario per cui l’adozione di queste nuove tecnologie all’interno delle strutture pubbliche raggiunge appena il 4 per cento. Con buona pace per la salute dei pazienti.
Su circa 650mila interventi di cataratta effettuati ogni anno in Italia, solo lo 0,6 per cento dei pazienti ha usufruito di un cristallino artificiale in grado di eliminare tutti i difetti di vista e la presbiopia. Penalizzati anche i pazienti che soffrono di maculopatia visto come in Italia ha accesso alle cure adeguate solo il 30 per cento di chi ha necessità. Sono sempre i dati raccolti a dire come in Italia si effettuano circa 300mila iniezioni intra-vitreali ogni anno rispetto al milione e oltre che si fanno in Inghilterra, Francia, Germania.
Oculisti? Pochi
C’è anche il problema della carenza di oculisti nella sanità pubblica. Secondo i calcoli di Soi, dei settemila oftalmologi che lavorano in Italia, meno di 3mila lo fanno nelle strutture del Servizio sanitario nazionale. Di questi, nel giro di pochi anni, uno sue tre (circa mille) raggiungerà l’età della pensione. E questo, nonostante la richiesta di assistenza oculistica sia cresciuta di venti volte dagli anni Ottanta (quando entrò in vigore la legge n. 833/78 istitutiva del Servizio sanitario nazionale).
Dunque, nel campo dell’oculistica è grande la richiesta di cure, ma vi è numero ridotto di oculisti che lavorano nel Servizio sanitario nazionale.
Appello alle istituzioni
Il Manifesto «Accesso alle cure oculistiche sostenibili in Italia» messo a punto dalla Società italiana di oftalmologia contiene alcune proposte per rendere tempestive e di qualità le prestazioni oculistiche, sia diagnostiche che chirurgiche. E questo nell‘ ambito del Servizio sanitario nazionale, così da prevenire la perdita della vista di migliaia di cittadini. Si ritiene necessario ridurre i tempi di attesa per visite, esami, interventi chirurgici; richiesto l’accesso a visite meno frammentate rendendo fruibili, nel pubblico, sia strumenti tecnologici innovativi che oggi consentono diagnosi di precisione in tempo reale, sia terapie e interventi all’avanguardia; incrementare il numero di oculisti che lavorano nella sanità pubblica. Da qui l’appello alle istituzioni perché s’impegnino con investimenti e un approccio innovativo così da rafforzare l’oftalmologia pubblica.