Lavoro, disabilità e accessibilità negli stadi italiani
Un caso di doppia discriminazione. È ciò che rischia di vivere un giornalista con disabilità che deve lavorare allo stadio. A raccontarlo è Stefano Pietta, giornalista pubblicista su sedia a rotelle in quanto affetto dalla nascita da tetraparesi spastica.
E proprio il giornalista a denunciare in un post su Facebook quanto si trova a sopportare: «per curiosità personale sto contattando il maggior numero possibile delle società di calcio di Serie A, per capire quali hanno la tribuna stampa del loro stadio accessibile alle persone con disabilità […] pensate che mi è capitato per vari eventi anche non sportivi di chiedere l’accredito stampa e di sentirmi rispondere “non ha senso, tanto devi andare nell’area riservata alle carrozzine”. Ok, sono persona con disabilità, ma giornalista».
I giornalisti sportivi, infatti, per poter fare il proprio lavoro in maniera adeguata hanno bisogno di disporre degli strumenti, spazi e opportunità garantiti esclusivamente con un accredito stampa.
Aggiunge Pietta come, «a questa richiesta che ritengo del tutto normale, molte società non mi hanno ancora risposto, altre mi hanno comunicato l’assenza di accesso e alcune di esse mi hanno risposto semplicemente che, senza problemi, avrei potuto accedere all’area riservata alle persone con disabilità ma non a quella per i media […] come se una persona con caratteristiche di disabilità non possa fare il giornalista».
La situazione negli stadi
Il problema non è esclusivamente dettato dalla presenza di impianti sportivi datati, perché anche quelli più moderni non hanno una tribuna stampa accessibile.
Nello specifico Pietta ha ricevuto riscontri positivi da Napoli, Roma e Lazio, Verona e Juventus. La società torinese, tuttavia, allo Stadium ha solo due posti accessibili in tribuna stampa.
Il giornalista esprime riserve sullo stadio Olimpico Grande Torino e il Ferraris di Genova. Lo stadio della Torino sponda granata, pur non avendo accessibilità diretta alla tribuna stampa, garantisce posti in tribuna in un’area limitrofa mentre nell’impianto del club ligure l’ascensore che permette di raggiungere la tribuna stampa è fuori servizio.
Bocciati Inter e Milan, Empoli, Bologna, Fiorentina, Salernitana e Udinese. Queste società garantiscono un settore riservato alle persone con disabilità, ma non l’accessibilità della tribuna stampa. Mancano invece le risposte di Atalanta, Cagliari, Frosinone, Lecce, Monza e Sassuolo.
Il calcio, passione per oltre 24 milioni di italiani, ma quanti limiti
In Italia la passione per il calcio accomuna milioni di persone: secondo dati aggiornati ad agosto 2023, per le sole squadre che militano in Serie A si contano oltre 24 milioni di tifosi.
Eppure sono numerosi gli stadi inaccessibili per criticità al momento di accesso all’impianto (si pensi al caso di Antonio Medici, che può camminare solo con l’ausilio di stampelle, di cui è vietato l’accesso in molti stadi) o limiti organizzativi e strutturali come settori dedicati con posti limitati.
Ad esempio, in occasione di Napoli Sassuolo, sono stati messi in vendita solo 40 biglietti per tifosi con disabilità rispetto ai 148 previsti. Il caso ha suscitato numerose polemiche che sono arrivate anche all’attenzione del Consiglio Comunale. Per questo motivo, dopo un’incontro tra rappresentanti del Calcio Napoli e il Comune, a partire da Napoli Udinese del 27 settembre saranno resi disponibili tutti i 258 posti destinati a spettatori con disabilità.
Ricordiamo che nel Sistema Licenze Nazionali 2023/24 si prevede che «lo stadio deve avere accessi dedicati per le persone disabili e i loro accompagnatori. In attuazione del D.M. 236/1989, i posti dedicati agli spettatori disabili devono essere coperti e in ragione di 2 ogni 400 posti. Accanto a tali posti devono essere previsti, in eguale misura, i posti per gli accompagnatori e devono essere previsti specifici posti per spettatori disabili nel settore ospiti. Le persone con disabilità devono avere servizi igienici dedicati in ragione di 1 bagno attrezzato ogni 15 spettatori disabili e punti di ristorazione situati in prossimità dei settori loro assegnati […]».
Emanuele Boi