La corsa a ostacoli alle cure per i disabili
L’allarme sulle difficoltà che trovano i più fragili nell’affrontare esami diagnostici, invasivi o di routine è stato ripetuto nel corso del Congresso Expo Aid di Rimini svolto il 22 e 23 settembre. Se n’è parlato nell’ambito del panel sulla salute e il benessere delle persone con disabilità. Si tratta di situazioni che si trasformano in veri e propri percorsi a ostacoli e a volte quasi impossibili da superare vista l’assenza di accessibilità alle cure per le persone con disabilità complessa e comportamentale nelle strutture sanitarie italiane.
Secondo i risultati emersi, gli intervistati, tutti persone con disabilità o caregiver, hanno riscontrato l’assenza di percorsi specifici per persone con disabilità nel 49,8 per cento dei casi. Oppure di averle trovate raramente nel 36,7 per cento dei casi. Permangono ancora le barriere architettoniche indicate come presenti dal 37,6 per cento degli intervistati. Riscontrate anche difficoltà nella comunicazione dei bisogni specifici al personale, a cui si aggiungono quelle legate alla gestione dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche.
Un vero e proprio calvario per le famiglie e per i caregiver, oltre che per gli assistiti stessi visto come il 63,3 per cento del campione ha dichiarato di dover uscire dalla propria regione per effettuare le cure necessarie o anche solo per delle semplici visite di routine. Ben il 79,6 per cento ha messo in evidenza la necessità di rivolgersi a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un’assistenza adeguata.
«Si rischia» denuncia il presidente Ierfop Roberto Pili presente al Congreso Expo Aid di Rimini, «di far diventare la salute come un privilegio di alcuni e non un diritto di tutti». Cosa occorre fare, allora? «Vista anche il progressivo invecchiamento della popolazione» propone Pili, «occorre avere un preciso quadro nazionale sulle criticità riscontrate dalle persone con disabilità nell’accesso ai servizi sanitari, alle diagnosi e ai percorsi terapeutici e quindi ridefinire un Protocollo Unico Nazionale come il Dama dove vengono indicati i percorsi da seguire predisponendo una mappa dell’accessibilità alle cure e un numero verde per rispondere a qualsiasi esigenza dei caregiver. Non ultimo» conclude Pili, «formare adeguatamente il personale sanitario».