I (non) dati Istat sul Sistema di protezione per le donne disabili vittime di violenza
Il rapporto pubblicato dall’Istat il 7 agosto denominato “Sistema di protezione per le donne vittime di violenza” e relativo agli anni 2021 e 2022 vede le donne con disabilità citate una sola volta in relazione all’attività di formazione svolta dai Centri antiviolenza. Tra gli argomenti trattati meno frequentemente vi sono infatti quelli «sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (68,3 per cento), sull’accoglienza delle donne migranti (58,2 per cento), sull’accoglienza delle donne con disabilità (30,9 per cento)» In sostanza, l’accoglienza delle donne con disabilità, pur essendo presente, è il tema meno trattato di tutti. E non risulta neanche che tale argomento venga considerato nella formazione del personale delle Case rifugio.
Il testo integrale (disponibile a questo link) ci dice che sono 373 i Centri antiviolenza (Cav) e 431 le Case rifugio presenti nel nostro Paese. Si tratta di un dato in aumento rispetto agli anni precedenti, ed è in aumento anche la loro utenza.
Sono ben 34.500 le donne che si sono rivolte ai Cav e 21.252 di queste ha figli (il 61,6 per cento del totale).
La sintesi dei risultati dell’indagine sono contenuti nella scheda riassuntiva pubblicata nel sito dell’Istituto Nazionale di Statistica (disponibile questo link).
Manca la rilevazione dei dati disaggregati anche per la disabilità della vittima. E quindi diventa difficile descrivere compiutamente il fenomeno della violenza che esse subiscono. Né si può quindi fare prevenzione, né predisporre politiche e servizi adeguati alle loro caratteristiche ed esigenze.
Genere, età e nazionalità delle vittime sono sempre rilevate, mentre la disabilità no. E neppure figurano le peculiari forme di violenza subite dalle persone con disabilità come ad esempio l’uso improprio dei farmaci, diverse forme di coercizione riproduttiva.
Ancora: balza inoltre agli occhi come tra le figure professionali coinvolte nei servizi antiviolenza vi sia quella delle mediatrici culturali, ma non risultano figure professionali specifiche a supporto delle donne con disabilità. Non ci sono interpreti della lingua dei segni, per fare un esempio.
Barriere architettoniche
La Tavola 21 rileva la presenza in 170 Case rifugio (50,4 per cento) di misure per il superamento delle barriere architettoniche (dati relativi all’anno 2021). Mentre si rileva la loro assenza in 167 di esse (49,6 per cento). Dalla Tavola 23 si può leggere come 309 Case rifugio (pari al 95,6 per cento) si sono dotate di una carta dei servizi anche se però non è rilevata l’accessibilità delle informazioni.
Si sa come sia in corso un progetto di adeguamento di tale strumentazione, ma certo è che né l’Istat, né la politica si siano ancora posti tale questione.