Giovani, “Piange il telefono”
Il 70 per cento di giovani giapponesi, tra i 17 e i 30 anni, avrebbe sviluppato una fobia verso le conversazioni telefoniche. È quanto emerge da una raccolta di dati della Soft-two co. Idt, una società specializzata in sondaggi.
Il dato si inserisce in un contesto di disagio giovanile già emerso con un altro fenomeno, nato sempre nel Paese del Sol Levante e diffuso rapidamente in tutto il mondo: quello degli hikikomori, cioè ragazzi che decidono di isolarsi dalla vita sociale per lunghi periodi di tempo.
Le ragioni
Quali sono le ragioni della “muon-sedai”, ovvero la “generazione silenziosa”? A differenza di quanto si può pensare, la causa di questo fenomeno non risiede nella sacralità che il silenzio ha nella cultura giapponese.
Gli intervistati hanno dichiarato infatti di provare uno stato di ansia al pensiero di dover affrontare una conversazione telefonica. Questo perché hanno paura di non sapere cosa aspettarsi, di non capire o essere capiti dall’interlocutore.
La gestione delle emozioni e i rapporti interpersonali
Sulla capacità di conversare al telefono incide anche l’utilizzo massivo di applicazioni di messaggistica e dei social network. Infatti, si predilige lo scambio di messaggi all’affrontare una conversazione perché quest’ultima presenta diversi rischi, tra cui l’assenza di controllo sulle emozioni.
Tuttavia, la mancanza di comunicazione aumenta la percezione della solitudine e dell’emarginazione. Aspetti che vanno a incidere negativamente sulla vita sociale, personale e lavorativa rendendo difficile, se non impossibile, lo sviluppo di rapporti interpersonali.
Da qui anche il fenomeno degli hikikomori: i giovani che si ritirano a vita privata eliminando anche le interazioni sociali più semplici, come andare a scuola o al lavoro.
Il Governo giapponese nel 2022 ha stimato la presenza di circa 1.5 milioni di hikikomori. Se a questo dato si aggiunge quello dei “moun-sedai”, emerge chiaramente come il Giappone vive un’emergenza giovanile caratterizzata da disagi di tipo adattivo e ansia sociale che rendono difficili le relazioni tra coetanei e con la società.
Va fatto presente, tuttavia, che il fenomeno degli hikikomori ha assunto una dimensione globale (in Italia se ne stimano circa 120 mila), occorre quindi una forte azione di prevenzione e un intervento volto a contrastare il disagio giovanile.
Emanuele Boi