Itinerari nella natura, con Ierfop alla scoperta dell’orto botanico di Cagliari
L’appuntamento fissato era all’orto botanico di Cagliari per una visita guidata tra le piante custodite all’interno. E visita è stata. In un pomeriggio alla scoperta della natura, tra alberi del Nord-America e piante del deserto, ma non solo. Il primo incontro di “Faccio l’orto”, organizzato da Ierfop in collaborazione con Università e Orto botanico di Cagliari ha portato un gruppo di dieci partecipanti con disabilità visiva a esplorare e conoscere le meraviglie della natura, custodite sapientemente nei cinque ettari ospitati in viale Fra’ Ignazio.
Il gruppo classe, formato da 9 donne e un uomo, è stato guidato dall’esperta di botanica Alessandra Caddeo attraverso un percorso di scoperta della flora e della fauna, un primo approccio a quello che sarà per i dieci partecipanti una vera e propria “scuola a cielo aperto”, dove imparare a creare, curare e mantenere un orto.
Questione di tatto
Un allegro vociare ci accoglie all’ingresso dell’orto botanico. Sono le tre del pomeriggio e a Cagliari soffia una leggera brezza, mentre un tiepido sole primaverile rischiara i cinque ettari disseminati di fiori e arbusti provenienti da tutte le parti del mondo.
La nostra guida è Alessandra, botanica dell’Università di Cagliari. Insieme a lei, Francesca e Lena ci accompagnano in questo percorso fatto di suoni, profumi e sensazioni tattili. Il gruppo classe è variegato, qualcuna delle partecipanti si muove con il bastone bianco, altre preferiscono farsi accompagnare a braccetto.
L’atmosfera è gioiosa e rilassata. Non potrebbe essere altrimenti, del resto, mentre si cammina in mezzo alla natura.
Alberi asociali e profumo di cacao
Il primo arbusto che incontriamo è una pianta dalla forma singolare, l’albero bottiglia o botte, così chiamato per la forma del tronco che ricorda appunto una bottiglia o una botte. Questa pianta, ci spiega Alessandra, vive in zone calde e deve alla capacità di conservare l’acqua al proprio interno la forma arrotondata del tronco; quest’ultimo, inoltre, è ricoperto di grosse spine, per scoraggiare eventuali attacchi da parte di animali in cerca di acqua.
La nostra guida ci fa toccare il tronco, per apprezzarne la forma e le nodosità. «Ricorda un po’ un ananas» dice qualcuna nel gruppo. «Fa venire voglia di abbracciarlo» aggiunge qualcun’altra. Purtroppo, l’albero bottiglia non è particolarmente confortevole e così ci allontaniamo senza potergli dare tutto il nostro affetto.
Proseguiamo quindi la nostra visita guidata tra il ronzio delle zanzare e il cinguettare allegro dei passerotti, fino ad arrivare a una pianta conosciuta anche grazie ai libri di storia: stiamo parlando del papiro, arrivato in Sardegna direttamente dalle sponde del Nilo. Il giunco flessuoso dalla forma piramidale svela al proprio interno una sostanza detta midollo, con la quale gli antichi egizi realizzavano la pregiata carta.
Una delle corsiste ne apprezza particolarmente il profumo, a suo dire simile a quello del cacao. A me, ricorda l’erba dei prati. Dovrò affinare i miei quattro sensi, mi sa.
Bacche giganti e pesci immortali
Andiamo avanti e incontriamo un altro albero proveniente stavolta dalle foreste nordamericane: è il gelso degli Osagi, antica tribù degli indiani d’America che si serviva del suo legno per realizzare archi e frecce. Un albero imponente, dai frutti giganti non commestibili. Peccato, perché uno solo potrebbe sfamare almeno una decina di persone. Ma anche questo arbusto, come il suo collega a forma di botte, ha preferito puntare sulla sua sopravvivenza, piuttosto che sulla nostra. Del resto, non dobbiamo mica mangiarci tutto ciò che c’è sul pianeta.
La nostra passeggiata continua fino a raggiungere una grande vasca d’acqua che ospita alcune carpe giapponesi, pesci dal tipico colore rosso rosato provenienti dal Sol Levante, dove sono venerate e spesso lasciate in eredità insieme alle case data la loro longevità (le più anziane raggiungono anche i 150 anni).
Accanto alla vasca, il busto di Patrizio Gennari, fondatore dell’orto botanico. Fronte ampia, barba folta, un perfetto uomo di scienza di metà ottocento. Gennari fu anche una figura del Risorgimento e la sua tomba si può visitare al cimitero monumentale di Bonaria a Cagliari. È affascinante pensare come, grazie alla passione di un uomo per la botanica, ora possiamo godere di queste meraviglie senza lasciare il capoluogo cagliaritano.
Altra pianta curiosissima è stavolta un fiore, simile a una calla, ma molto più subdola e meno “romantica”. Questa pianta, infatti, nota come “acchiappamosche”, ha un odore piuttosto sgradevole di carne putrida, fiori rosa ricoperti di pelo e foglie larghe e rosse. Gli insetti impollinatori di questa pianta sono proprio le mosche le quali, attirate dall’odore e dall’aspetto del fiore, si infilano nella corolla, si riempiono di polline ed escono spargendolo sugli altri fiori. Purtroppo, talvolta il processo non va a buon fine e gli sfortunati insetti trovano la morte all’interno della corolla.
Puzzolente e letale. Consigliatissima come regalo se volete sbarazzarvi di persone fastidiose come… mosche.
La visita si conclude alle 17, dopo due ore, con l’arrivo nella zona delle succulente, le piante del deserto.
Alessandra ci spiega come queste piante abbiano speso bene i propri “gettoni evoluzione” (per citare un noto divulgatore scientifico del web, n.d.r.) trasformando le proprie foglie in spine, con l’obiettivo di risparmiare acqua. Un’idea interessante, visti i tempi in cui viviamo, ma di difficile applicazione, dato che l’essere umano tende a perdere acqua dai pori della pelle. Se non possiamo trasformarci in porcospini, però, possiamo considerare l’idea di creare un piccolo giardino in casa, in salotto o in balcone.
Le piante infatti, oltre a essere creature straordinarie e intriganti, ci regalano ossigeno, ombra e talvolta anche acqua (a meno che non si tratti dell’albero bottiglia). Funzionano come veri e propri aspirapolveri di CO2 e possiedono infinite proprietà: ci nutrono, ci rilassano, talvolta ci curano (come nel caso ad esempio dell’aloe), ci donano gioia grazie ai loro colori e ai loro profumi, alle loro forme e alle loro caratteristiche peculiari(tronchi ruvidi, lisci, foglie seghettate, petali pelosi ecc.).
In conclusione
Il corso “Faccio l’orto” si prospetta quindi come un vero e proprio viaggio alla riscoperta di sé e del proprio essere in equilibrio con il pianeta e l’ambiente.
La prossima giornata sarà mercoledì 3 aprile, ancora una volta all’orto botanico, ancora una volta alla scoperta delle meraviglie della natura.
Roberta Gatto