Calano i Neet in Italia

Cala il numero di Neet in Italia. Nel 2023, secondo i dati Istat, nella classe di età tra i 15 e i 34 anni si è registrato un calo di quasi un milione rispetto ai picchi del 2018 e del 2020.

Chi sono i Neet

Ma chi sono i Neet? Il termine, di origine anglosassone è utilizzato solitamente per riferirsi ai giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni che non è occupata o non è inserita in un percorso di istruzione o formazione.

Il noto istituto di statistica, tuttavia, nella sua analisi accorpa gli inattivi (quanti non sono classificati come occupati o disoccupati) nel range di età 15 – 64 anni, offrendo poi i dati disgregati per classi di età.

I Neet in Italia

In Italia il fenomeno dei Neet registra differenze in base all’età, alla condizione familiare e alla regione di provenienza. Nelle regioni del Sud registra una percentuale maggiore rispetto alle regioni del Nord. Vi sono variazioni anche in base al sesso. Il 20.5 per cento di donne, tra i 25 e i 29 anni sono senza occupazione contro il 17.7 per cento dei ragazzi.

Per contrastare il fenomeno occorrono quindi degli ecosistemi territoriali in cui formatori e il tessuto produttivo locale dialoghino e si torni a vedere il contratto di apprendistato come principale canale di accesso al lavoro anche per quanti ancora devono maturare delle competenze.

Nel nostro Paese la formazione professionale avviene senza il coinvolgimento delle aziende (a differenza di quanto avviene in Germania o nei Paesi Bassi), portando così a un ampio disequilibrio con le competenze richieste dalle aziende.

Il fenomeno dei Neet nel contesto europeo

Ma quale è la situazione negli altri Paesi europei? Per questo vengono in aiuto i dati dell’Eurostat, aggiornati a marzo 2024. Grazie a questi è possibile confrontare la situazione italiana con quella di altri Paesi europei.

Analizzando i dati relativi all’ultimo trimestre del 2023 relativi ai Neet in età compresa tra i 15 e i 29 anni, emerge come l’Italia si posizioni al quarto posto (con una percentuale di 15.3) dietro a Romania (18.9 per cento), Serbia (16.6 per cento) e Grecia (16.3 per cento). I Paesi con la percentuale più bassa sono, invece, Olanda (5 per cento), Malta (5.4 per cento) seguite da Norvegia e Svezia (6.2 per cento).

Sempre in ambito europeo, offre interessanti spunti di riflessione il paper “Insieme per un futuro sostenibile: giovani e lavoro”, elaborato dalla Fondazione GiGroup.

In questo lavoro si è mappata la condizione dei giovani in sette Paesi rappresentativi del 70 per cento del Pil dell’Unione Europea (Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna e Svezia) e nel Regno Unito.

Secondo i dati del paper, tra le cause principali relative all’allontanamento dei giovani dall’istruzione, dalla formazione e dal mercato del lavoro vi sono il contesto socio-economico della famiglia, le origini straniere o un passato migratorio, il contesto abitativo povero, la mancanza di specificità professionale nel sistema educativo e l’abbandono scolastico precoce.

Emanuele Boi

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