Quei campioni di videogiochi con disabilità
Perdere l’uso delle gambe e delle braccia a soli diciannove anni e non arrendersi. È quanto accaduto a Rocky Stoutenburgh, ex promessa dell’hockey americano. Nel 2006 il ragazzo rimane paralizzato dal collo in giù a causa di un problema al midollo spinale.
Dopo un periodo di depressione, il giovane riprende a giocare e diventa un campione, stavolta di videogame. È infatti due volte Guinnes World Record nel videogioco Fortnite (multiplayer di strategia) e nel 2020 ha firmato con Luminosity Gaming, società che gestisce videogiocatori a livello agonistico.
Rocky diventa così il primo tetraplegico sotto contratto con un’azienda di questo tipo. Ma non solo. Nel 2017 decide di trasmettere le sue partite in diretta su Twitch e YouTube concquistando migliaia di follower. Il suo nome online? RockyNoHands (Rocky senza mani), a riprova di come riesca a giocare senza usare le mani, con l’ausilio della bocca e di un mouse speciale.
Dalla Russia alla Sardegna
E nel frattempo, dall’altra parte del mondo, un altro ragazzo dimostra come si possa giocare senza mani. Stiamo parlando di ViktoViktor, stremaer di Twitch con paralisi cerebrale.
Questo campione ha scelto per anni di non mostrarsi in video, per timore dei pregiudizi, concentrando le sue dirette soltanto sul game player. Un giorno, però, ha scelto di mostrarsi e da allora è diventato un idolo dei videogiocatori. Ora è possibile vederlo in azione, mentre muove velocissimo le dita dei piedi su una tastiera.
Nel nostro Paese, intanto, Massimiliano Sechi (di Sassari) ha conquistato importanti traguardi nel mondo dei videogiochi. Nato con la focomelia (grave malformazione di arti superiori e inferiori), Massimiliano ora si occupa di Life & Business Coaching, (formazione sul benessere aziendale) ed è speaker e Fondatore di “Niente Scuse ONLUS” (inclusione sociale).
In conclusione
Il mondo dei videogiochi, spesso sottovalutato o addirittura additato come diseducativo, si dimostra invece assolutamente inclusivo e stimolante, nonché in forte crescita. L’apertura verso il mondo della disabilità, poi, segna un punto a suo vantaggio, perché come dice Massimiliano, «la cosa più bella di queste competizioni è che non conta chi sei, ma ciò che sai fare».
Roberta Gatto