Professioni, cosa serve nei prossimi cinque anni

Per i prossimi cinque anni serviranno tre milioni di lavoratori. A dirlo è il report di Unioncamere e Ministero del Lavoro sulle “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” tra 2024 e 2028.

Più nel dettaglio, gli analisti stimano un fabbisogno compreso tra 3,1 e 3,6 milioni di occupati a seconda dello scenario macro-economico (più o meno favorevole in termini di crescita del Pil). Secondo lo studio, nei prossimi cinque anni calerà la domanda di operai non qualificati ma aumenterà quella per le professioni tecniche e specializzate. Con alcune professioni più richieste di altre: dagli insegnanti, visti i numerosi pensionamenti nel comparto scuola, ai medici fino agli ingegneri da anni tra i profili più cercati dalle aziende.

I profili specializzati più richiesti

Un terzo del fabbisogno complessivo (1-1,2 milioni di lavoratori) saranno rappresentati dai profili intermedi come impiegati e professioni commerciali e dei servizi. Il fabbisogno di operai, sia specializzati sia conduttori di impianti, varierà tra 511mila e 613mila unità, pari a circa il 17 per cento del totale.

Ma chi avrà più chance di impiego? Tra i profili specializzati serviranno professori e maestri nelle scuole, sia private che pubbliche: 139-147mila saranno occupati nella scuola pre-primaria e primaria e ulteriori 112-119mila in quella secondaria.

Nel report si legge anche quale sia la domanda di altri specialisti nell’educazione e nella formazione, non tanto in termini assoluti (53-59mila occupati nel quinquennio) «ma in relazione allo stock di occupati che svolgono questa professione (circa il 5 per cento all’anno)».

Operai specializzati

Per gli operai sarà importante la specializzazione. E il fabbisogno più rilevante in assoluto riguarderà i lavoratori del settore delle costruzioni: circa 154-170mila gli occupati previsti, sia operai addetti alla realizzazione e al mantenimento delle costruzioni, sia operai addetti alla loro rifinitura. Seguono i profili tipici delle industrie metalmeccaniche: da un lato, i meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchinari (con un fabbisogno di 45-53mila unità) e, dall’altro, fonditori, saldatori, montatori di carpenteria metallica (con un fabbisogno tuttavia più modesto, 23-27mila unità).

Dal pubblico al privato

I dati di Unioncamere evidenziano come i lavoratori dipendenti nel settore privato contribuiscono a determinare la maggior parte del fabbisogno. La quota è infatti pari al 61 per cento del totale mentre i dipendenti pubblici avranno un peso del 22 per cento. Oltre il 78 per cento della domanda proverrà dall’insieme dei settori dei servizi nel quale confluisce la Pubblica amministrazione con un fabbisogno stimato compreso tra 2,5 e 2,8 milioni di unità tra il 2024 e il 2028. La richiesta dei settori industriali invece varierà tra le 656mila e le 789mila unità per una quota pari al 21 per cento (media dei due scenari). Assolutamente marginale la domanda di lavoro nell’agricoltura con 14mila unità nello scenario positivo di crescita del Paese. Se si immagina invece uno scenario meno favorevole, si arriva a 7mila unità.
Le filiere più bisognose di lavoratori

Le filiere più bisognose di lavoratori sono quelle del commercio e turismo. La previsione è compresa tra 551mila e 683mila unità (circa il 18 per cento del fabbisogno complessivo). Altri servizi pubblici e privati (484-529mila unità) comprendono i servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone e la Pa in senso stretto e cioè la filiera della “salute” (510-522mila unità) e quella della “formazione e cultura” (474-513mila unità).

I pensionamenti e la mancanza di lavoratori

Si stima una maggiore incidenza delle sostituzioni per i dipendenti del comparto pubblico (92 per cento del fabbisogno) e per i lavoratori indipendenti (96 per cento nello scenario positivo). Nel settore privato, le sostituzioni dei dipendenti variano tra il 72 e l’84 per cento.

In alcune filiere come “legno e arredo” o “meccanica e robotica”, la componente della sostituzione contribuisce per oltre il 90 per cento del fabbisogno nello scenario positivo. Invece, le filiere “finanza e consulenza” e “informatica e telecomunicazioni” presentano un maggiore equilibrio tra la componente di sostituzione e quella di crescita con un rapporto 6 a 4 nello scenario positivo di crescita del Pil.

In futuro, le maggiori opportunità sono legate alla sostituzione dei lavoratori che andranno in pensione. Il report mette in evidenza i settori dove si manifesteranno le maggiori criticità. L’indicatore assume valori più elevati nelle filiere in cui è forte l’incidenza del settore pubblico come “salute” (18 per cento), “formazione e cultura” (15,7 per cento). Valori elevati compresi tra il 10,7 per cento e il 12,2 per cento per l’agroalimentare”, la “moda” e “legno e arredo”. Valori più bassi per le filiere “informatica e telecomunicazioni” (6,8 per cento), “finanza e consulenza” (9,1 per cento) e “commercio e turismo” (9,3 per cento).

Si stima come dal 2024 al 2028, il mercato del lavoro italiano potrà avere bisogno nel complesso di 3,1 – 3,6 milioni. E si prevede un fabbisogno tra 630mila e 727mila lavoratori all’anno.

Il fabbisogno a livello regionale

La domanda di lavoro è diversa da regione a regione. Le previsioni a livello territoriale dello scenario positivo evidenziano come la ripartizione del Sud e Isole è quella che concentra la maggiore quota di fabbisogni occupazionali. I dati si attestano attorno a 1,1 milioni di unità nel quinquennio, pari al 30,4 per cento della domanda totale. A seguire l’area del Nord-Ovest  con un fabbisogno attorno a 1 milione di unità (il 27,8 per cento del totale. Questo deriva però sostanzialmente dal contributo della Lombardia, che con un fabbisogno atteso pari a 669mila unità, da sola concentra oltre il 18 per cento dell’intero fabbisogno nazionale. Il Nord-Est si attesta al 21,5 per cento (782mila unità) mentre il Centro Italia al 20,3 per cento (737mila unità).

Bachisio Zolo

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