Intelligenza artificiale e disabilità
Mettiamo la computer vision o visione artificiale: si tratta di un campo dove si studiano algoritmi e tecniche in grado di permettere ai computer di riprodurre funzioni e processi dell’apparato visivo umano. Si tratta di un campo di studi interdisciplinare che si occupa di capire come i computer possano riprodurre processi e funzioni dell’apparato visivo umano. Non solo, quindi, acquisire le immagini statiche o in movimento (anche oltre lo spettro della luce naturale), identificarle, riconoscerle ed estrarne le informazioni utili per prendere decisioni. L’elaborazione digitale delle immagini (digital image processing) è infatti solo una parte della computer vision. Una parte che rientra, precisamente, nella early vision, l’elaborazione “a basso livello di astrazione” su cui, dagli anni Sessanta in poi, sono stati fatti numerosi passi avanti.
La sfida più ambiziosa della computer vision
Oggi si punta alla visione high level, “ad alto livello di astrazione e comprensione”. In pratica, dall’immagine in 2D si riesce a elaborare, ricostruire e analizzare l’intero contesto in 3D in cui l’immagine è inserita. Si punta cioè a dare un significato storico e contestuale e quindi anche simbolico dell’immagine rappresentata. Si riesce a riconoscere oggetti, persone o animali all’interno di un’immagine singola o in sequenza (video), ma soprattutto si estraggono informazioni utili per la loro elaborazione. E tutto questo a livelli sempre più alti di astrazione e comprensione. Cosa vuol dire? In altre parole, si tratta della capacità di ricostruire un contesto intorno all’immagine, dandole un vero e proprio significato.
Gli algoritmi di visione artificiale possono apprendere e formulare previsioni da un’ampia gamma di dati, risultando in un’analisi visiva più precisa e robusta. Il suo ambito di applicazione è naturalmente utile per aiutare le persone non vedenti a percepire meglio il mondo attorno a loro. In che modo? Attraverso la tecnologia di riconoscimento delle immagini, l’IA comprende il contesto degli oggetti nelle foto e descrive le foto alle persone.
La visione artificiale racconta il mondo leggendo testi, descrivendo l’aspetto delle persone, riconoscendo volti ed emozioni. E non solo, perché bisogna pensare anche alle tecnologie per i sistemi vocali e le traduzioni. I progressi nelle tecnologie di conversione da voce a testo e da testo a voce aiutano coloro che vivono con problemi di comunicazione. Alcuni sistemi vocali sono in grado di imparare e riconoscere la pronuncia di chi parla e di tradurre le parole dell’utente in un linguaggio chiaro sotto forma di messaggi audio o testo. Quindi, gli strumenti basati sull’IA possono aiutare anche le persone con disabilità uditiva. Vi sono delle applicazioni per i telefonini in grado di tradurre istantaneamente i gesti o il linguaggio dei segni in testo e voce. Alcuni programmi hanno utilizzato le capacità dell’IA per creare un sistema di lettura delle labbra per decifrare intere frasi in modo accurato. Questa tecnologia è in grado di interpretare il linguaggio umano in spazi pubblici, in una varietà di ambienti rumorosi e con diverse condizioni di illuminazione.
Quindi, disabilità visiva, uditiva: la tecnologia dell’IA può però dare potere anche alle persone con limitata mobilità fisica. I programmi mirano infatti ad aumentare l’indipendenza e la produttività per le persone con disabilità nel lavoro, nella vita quotidiana e nella comunicazione. Qualche esempio? Le auto a guida autonoma e altre forme di trasporto autonomo promettono un’incredibile libertà di mobilità. I veicoli autonomi in corso di sviluppo, potrebbero eliminare l’isolamento fisico e promuovere uno stile di vita più sociale. Una volta che i veicoli autonomi saranno pienamente integrati nella società, potrebbero facilitare la mobilità indipendente e aumentare l’accessibilità adattandosi alle capacità e alle esigenze di ciascun utente. È notizia di qualche giorno fa, di un automobilista a bordo di una Tesla colto da infarto. Ebbene, l’auto autonomamente l’ha accompagnato in ospedale dove ha potuto ricevere le cure salvavita. È questo il futuro?