Mamme ed equilibriste

Presentato da Save the Children la nona edizione del rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia”. Oggetto di indagine sono le politiche familiari, ovvero quanto è stato fatto per dare la possibilità a quante lo desiderano di diventare madri e per cambiare le condizioni lavorative di queste ultime.

Alcuni dati

In Italia, ancora una volta, si è registrato un record negativo di denatalità. Nel 2023, con 379mila nuove nascite, si è registrato un -3.6 per cento rispetto all’anno precedente con un numero medio di figli per donna diminuito a 1.20 rispetto l’1.40 precedente.

Se nel 2022 il 48.9 per cento delle nuove nascite è il primo figlio per una coppia, il numero di figli successivi al primo è diminuito del 6.1 per cento (tra il 2021 e il 2022).

Cala anche l’impatto positivo sulla natalità derivante dalla presenza della popolazione straniera. A incidere su questa dinamica diversi fattori tra cui i processi di integrazione o l’adattamento delle madri di origine straniera nel Paese ospitante.

Nel tempo è aumentata anche l’età delle madri alla nascita dei figli, per la popolazione femminile residente, l’età media al momento del parto è di 32.5 anni (-0.1 rispetto l’anno precedente).

I contenuti del rapporto

Il rapporto è articolato in quattro capitoli dove si approfondiscono i fattori che vanno a incidere sulla maternità e le politiche familiari.

In particolare, viene presentata un’analisi della condizione femminile nel mercato del lavoro. Nel 2023, in Italia si è registrato un tasso di occupazione femminile nel gruppo di età compresa tra i 15 e i 64 anni pari al 52.5 per cento (contro la media Ue del 65.8 per cento). La differenza tra il tasso di occupazione maschile e femminile è tra le più ampie dell’Unione Europea ed è pari al 17.9 punti percentuali.

Un altro fattore è rappresentato dalla segregazione orizzontale e verticale, cioè dalla concentrazione delle donne solo in determinati settori e con una presenza meno significativa nelle posizioni di leadership e di vertice. Da queste segregazioni nasce un disequilibrio economico generato dalla disparità salariale.

Ma a dare vita alle discriminazioni di cui sono vittima le donne, vi sono diverse ragioni, tra cui gli stereotipi di genere.

In questo scenario è evidente come per le donne con figli, la situazione sia ancora più complessa. Nel report si evince «dal rapporto tra il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 25 e i 49 anni con figli in età scolare e le donne senza figli nella stessa fascia di età. Nel 2021 questo rapporto è del 73 per cento. Questo significa che per ogni 100 donne senza figli occupate ce ne sono solo 73 che lavorano».

Anche tra donne con e senza figli in età lavorativa si registra una disparità salariale. Infatti, le donne che rimangono impiegate dopo la maternità guadagnano il 40 per cento in meno rispetto alle donne che non sono madri. Anche 15 anni dopo il parto, e questo principalmente a causa di una riduzione del numero di ore lavorative, attribuita al passaggio a contratti part-time.

Presentato anche il dato relativo alle dimissioni volontarie post-genitorialità. Nel 2022 sono state effettuate oltre 61 mila convalide di dimissioni volontarie per genitori di figli in età 0-3 su tutto il territorio nazionale. Il 72.8 per cento di queste riguardavano le donne mentre il restante 27.2 per cento riguardavano gli uomini.

Nel secondo capitolo del report vengono illustrate le politiche intraprese da Francia, Finlandia, Germania e Repubblica Ceca per tentare di invertire il trend demografico. Nel terzo capitolo si approfondiscono i servizi e le politiche a sostegno della maternità in Italia (tra cui l’Assegno Unico Universale, la riforma dei congedi parentali e le politiche a sostegno delle madri lavoratrici).

Il quarto e ultimo capitolo del rapporto è dedicato a conclusioni e raccomandazioni in merito. In particolare, il rapporto evidenzia la necessità di introdurre riforme strutturali in tema di condivisione della cura (per esempio l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio di almeno 3 mesi per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti), in tema di welfare e lavoro (rafforzando, ad esempio, il sistema di tutela delle madri lavoratrici con sgravi fiscali indipendenti dalla condizione contrattuale o promuovere e garantire il rientro dopo la maternità e la permanenza nel mercato del lavoro) e dei servizi per l’infanzia (ad esempio istituendo una regia di coordinamento pianificato e complessivo del Sistema integrato 0-6, che garantisca standard qualitativi su tutto il territorio nazionale).

Emanuele Boi

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