Stipendi sempre più bassi? Tutta colpa dell’Irpef

A dirlo, sono i numeri: tra il 2013 e il 2023, il potere d’acquisto delle retribuzioni in Italia è diminuito del 4,5 per cento. Diversamente dalle altre maggiori economie dell’Ue dove è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1 per cento della Francia e il 5,7 per cento della Germania. Dati e raffronti contenuti nel rapporto Istat presentato il 15 maggio. Le cause? Sono tante: dalla maggior diffusione di piccole imprese in Italia rispetto ai principali Paesi europei, alla più bassa dinamica della produttività. Ma è anche colpa di un alto prelievo fiscale. Lo si considera poco, ma incide molto.

Gli aumenti e il peso del Fisco

Sul sito nuovi-lavori, il super esperto Maurizio Benetti collaboratore della fondazione Tarantelli i scopre come un aumento contrattuale lordo di 100 euro scende a poco più di 70 netti per una retribuzione lorda di 13mila euro. Non solo: si scende fino a 62 euro per una retribuzione di 23mila e poco più di 50 euro (cioè si dimezza) per una di 30mila e a poco meno di 50 euro per chi prende più di 45mila euro lordi.

Se si applicassero le aliquote Irpef della Francia, ai lavoratori resterebbero più soldi in tasca. Da noi, infatti, da 28mila a 50mila euro di imponibile c’è un’aliquota del 35 per cento e poi ne scatta una del 43 per cento. In Francia, fino a 73mila c’è un’aliquota del 30 per cento. Tutta un’altra cosa.

Gli ultimi interventi del Governo

Finora le contromisure messe in atto per dare un po’ di sostegno ai salari sono di due tipi: il taglio del cuneo fiscale, cioè i contributi dovuti all’Irpef sulle retribuzioni medio-basse e la defiscalizzazione dei premi di risultato con l’aliquota del 5 per cento.

Il primo è però temporaneo e per renderlo strutturale richiederebbe circa 11 miliardi di euro l’anno. Senza dimenticare che realizzerebbe di fatto uno spostamento di parte del finanziamento delle pensioni dalla contribuzione alla fiscalità generale.

La defiscalizzazione dei premi di risultato aggiunta la non tassazione dei social benefit e del welfare aziendale vengono erogati sono in una minoranza di aziende. Si tratta per lo più di quelle medio-grandi e il risultato è che, a parità di retribuzione complessiva lorda, il lavoratore che beneficia di questi sgravi ha una busta netta più alta.

Che fare?

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha garantito come in futuro ci sarà l’alleggerimento dell’Irpef per il ceto medio. Perché non farlo subito? È necessario trovare i 15 miliardi necessari per confermare nel 2025 il taglio del cuneo e l’Irpef a tre aliquote. Perché è proprio l’Irpef a procurare un vero e proprio taglieggiamento dei risultati contrattuali soprattutto per le categorie medie e alte. Tutta colpa del fiscal drag (l’aumento nominale delle retribuzioni che fa scavalcare gli scaglioni di reddito non adeguati all’inflazione), che fa impennare le aliquote Irpef ai livelli più alti.

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