Il 27 maggio alla Camera si parla del Dama

Il modello di “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità” (Dama) è un sistema di presa in carico intraospedaliera dei bisogni di salute delle persone con disabilità. Esso è riconosciuto a livello internazionale, e in Italia si ispirano oltre 40 Centri.

In pratica si tratta dei servizi per le cure alle persone con disabilità in ospedale: l’occasione per parlarne è il 27 maggio alla Camera dei Deputati nel corso di un evento promosso dal ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli.

Si tratta di un tema molto importante in quanto le persone con disabilità presentano un carico di comorbidità ospedaliera maggiore con un’aspettativa di vita inferiore di circa vent’anni rispetto alla popolazione generale. Le ragioni? La maggiore incidenza delle cosiddette morti evitabili, i maggiori fattori di rischio nello stile di vita, peggiori determinanti sociali di salute, ma soprattutto peggiore assistenza sanitaria. Questa si rileva, sia in termini di accessibilità ai servizi, sia in termini di qualità delle cure. Proprio i ricoveri ospedalieri sono caratterizzati da esiti peggiori rispetto agli altri malati e difficoltà gestionali legate alla rigidità delle procedure e dei protocolli.
Da qui la necessità del Dama (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero, “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”).

Si tratta di un modello di presa in carico intraospedaliera dei bisogni di salute delle persone con disabilità, riconosciuto a livello internazionale. Esso era stato infatti presentato alla 16a Conferenza Annuale degli Stati Parti della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità il 14 giugno 2023 a New York.

Il Dama si basa sul modello riguardante gli “accomodamenti ragionevoli” applicati alla clinica e all’organizzazione sanitaria. Il tutto per garantire il diritto alla salute delle persone con disabilità.

In Italia fa la sua prima comparsa circa venticinque anni fa presso l’Ospedale San Paolo di Milano. Successivamente, il modello Dama si è progressivamente diffuso in quasi tutte le Regioni Italia.

Attualmente in Italia esistono più di quaranta Centri che si ispirano a questo modello.
Proprio il crescente numero di Centri Dama ha posto il problema della necessità di caratteristiche comuni. A questo scopo, l’ASMeD ha elaborato il documento denominato DAMA. I servizi per le cure alle persone con disabilità in ospedale: requisiti minimi strutturali, organizzativi, funzionali (disponibile a questo link).
Si tratta del primo documento strutturato dove si stabiliscono i requisiti da soddisfare per garantire omogeneità di organizzazione, di prestazioni e di qualità dei servizi, pur con le inevitabili differenze legate ai diversi funzionamenti delle strutture ospedaliere e dei sistemi sanitari regionali.

Il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli presenta ora il Progetto di vita e presa in carico della persona nel contesto di cura ospedaliera: modello DAMA e territorio, in programma a Roma il 27 maggio alla Camera dei Deputati.

Nel documento si sottolinea come lo scopo del Dama sia abbattere le barriere sanitarie che impediscono alle persone con disabilità l’accesso alle cure su base di equità e di non discriminazione, e in particolare, a indagini e terapie complesse.
Più in particolare, gli obiettivi fondamentali che un Centro Dama deve realizzare sono:
 ridurre la necessità di ricoveri ordinari e di accessi in pronto soccorso;
 l’esecuzione di tutte le prestazioni in un unico accesso;
 la creazione di percorsi clinici dedicati e adattabili alle esigenze della singola persona.

Da qui la necessità di alcuni requisiti organizzativi, strutturali e funzionali necessari per raggiunge i precedenti obiettivi. Tra questi:
 regia intraospedaliera affidata a un’équipe di medici e infermieri dedicata;
facilità di contatto diretto con l’équipe Dama da parte dei pazienti (da questo primo contatto inizia già la presa in carico del paziente);
 definizione di percorsi diagnostici terapeutici dedicati, protetti, intraospedalieri in regime ambulatoriale, di ricovero ordinario, di day hospital/dayservice/day surgery, di pronto soccorso;
 delineare i percorsi intraospedalieri personalizzati, rendendo flessibile la rigida organizzazione ospedaliera, adattandola ai bisogni, spesso complessi e “bizzarri” delle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria;
 assicurare sempre la presenza del caregiver in ogni setting assistenziale;
 semplificazione burocratica con creazioni di back office per le pratiche amministrative;
 da un punto vista logistico, disporre di locali propri all’interno della struttura ospedaliera, in cui sia possibile organizzare liberamente e flessibilmente esami, visite, osservazione ecc., senza interferire con i bisogni di altri pazienti.

E ancora, il documento sottolinea come sia fondamentale un forte e diretto coinvolgimento delle Clinical Governance e delle Direzioni Sanitarie Ospedaliere, sia in fase di progettazione e implementazione del servizio, sia nelle successive fasi di monitoraggio, mantenimento e sviluppo.

Il tutto, al fine di realizzare il progetto di “un accomodamento ragionevole” così da garantire il diritto alla salute delle persone con disabilità mediante l’accesso a indagini e cure nell’ospedale di tutti.

Bachisio Zolo

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