Gli influencer? Per l’Europa rappresentano la disinformazione

La disinformazione online? Gli influencer ne sarebbero un canale di diffusione. A pensarlo è il Consiglio dell’Ue che pensa ora di correre ai ripari. Le ragioni starebbero nella grande influenza che i creatori online producono sui social media così comportamenti e mode.

«Gli influencer» nelle conclusioni approvate dall’Ue in questi giorni, «starebbero avendo un impatto sempre più crescente sui contenuti e sulle informazioni online che le persone consumano quotidianamente». E se l’impatto «da un lato è spesso positivo grazie alla diversità delle comunità online e al senso di appartenenza che esse generano», dall’altro si ritiene possa essere «potenzialmente dannoso». Sia per la salute mentale sia, a livello sociale.

Influencer minori di diciotto anni

Gli influencer di età inferiore ai diciotto anni (i cosiddetti “kidfluencer“) secondo il Consiglio dell’Ue, «necessitano di una “alfabetizzazione mediatica” così da poter comprendere il potenziale impatto negativo derivante dalla condivisione di disinformazione, discorsi di odio online, cyberbullismo e altri contenuti illegali o dannosi».

Che fare, dunque? L’Ue richiama ora gli Stati membri a garantire che gli influencer siano consapevoli del loro ruolo nell’ecosistema dei media e delle norme che si applicano loro, dalla legge sui servizi digitali a quella sull’intelligenza artificiale (IA). E la stessa Commissione europea, a sua volta è invitata a vagliare altri modi per sostenere gli influencer, anche attraverso un approccio politico coerente incentrato sull’alfabetizzazione mediatica e sul comportamento responsabile online che passi anche per la stesura di un codice etico per influencer e per l’uso di programmi Ue in materia di educazione ai media.

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