Salute, scoperto un gene per vivere a lungo
Si chiama Mytho ed è stato selezionato tra quattro geni ritenuti interessanti dal punto di vista dei meccanismi di invecchiamento. Degli oltre 20mila geni capaci di codificare per proteine nel nostro Dna, 5mila di loro sono ancora sconosciuti. Mytho era tra questi.
È quanto scoperto da un team di ricercatori internazionali guidato dall’Università di Padova. Spegnere questo gene favorisce l’invecchiamento cellulare, mentre la sua attivazione consente di rimanere a lungo in salute.
Lo studio, durato 9 anni, ha analizzato questo gene coinvolto nell’autofagia, cioè nella capacità delle cellule di rimuovere molecole e altre strutture danneggiate.
Lo studio
La ricerca ha coinvolto anche l’Università di Bologna, Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli e Istituto Superiore di Sanità, e ha come prime firmatarie Anais Franco Romero e Valeria Morbidoni. I risultati sono stati poi pubblicati sul Journal of Clinical Investigation.
Dallo studio è emerso come questo gene, presente in molte specie oltre a quella umana, sia in grado di rallentare l’invecchiamento. La sua disattivazione, al contrario, sarebbe invece causa di malattie legate proprio alla vecchiaia.
Tra i principali responsabili di questa disattivazione troviamo lo stress, un ben noto agente di invecchiamento cellulare.
Il ruolo di Mytho nella salute
La presenza del gene in alcune specie di mammiferi fa pensare a un ruolo determinante nei processi di invecchiamento, perché gli animali più longevi sono risultati quelli nei quali Mytho ha un livello di attività maggiore.
«È una caratteristica che ci ha molto stupito» spiega Marco Sandri dell’Università di Padova e Istituto Veneto di Medicina Molecolare, «ad esempio la sequenza del gene nel topo è molto simile a quella presente nell’uomo. Questo livello di conservazione fa pensare che una sua modulazione in senso positivo possa contribuire a mantenere in salute le cellule e l’organismo, anche perché gli animali più longevi sono risultati essere quelli con il livello maggiore di attività di questo gene».
Secondo il ricercatore, Mytho «potrebbe essere coinvolto anche in malattie genetiche di cui non si conoscono ancora le cause».
Roberta Gatto