La discriminazione delle donne skinny, magre
Non solo fat shaming (prese in giro e insulti alle persone sovrappeso), ora è la volta dello skinny shaming, rivolta alle persone magre, soprattutto donne. In una società orientata verso il cambiamento e l’inclusione, si tratta di una pratica inaccettabile, svilente e discriminatoria.
Le vittime del body shaming
Chi non si è mai sentito rivolgere una critica sul proprio aspetto fisico, magari anche formulata bonariamente da un amico o un parente? Si tratta di body shaming, letteralmente derisione del corpo (altrui) e le vittime preferite da questo tipo di atteggiamento sono soprattutto le donne, come dimostrano i dati.
Secondo una ricerca di Nutrimente, il 94 per cento delle femmine adolescenti e il 65 per cento dei maschi è stato vittima di body shaming, nella maggior parte dei casi da parte di coetanei.
Uno studio del 2016 ha inoltre messo in evidenza come, con l’aumentare dell’età, le donne riferiscano di essere sottoposte costantemente a commenti sgraditi, con conseguente vergogna e insicurezza, mentre gli uomini riferiscono di sentirsi più sicuri.
Il motivo, secondo i ricercatori, è culturale: nella nostra società risulta più accettabile esprimere giudizi sul corpo femminile, a qualsiasi età e su qualsiasi presunto difetto. Basti pensare a come, in età adulta, risulti vittima di questa pratica una donna su due.
Il lato nascosto del body shaming
Tuttavia, mentre si fa un gran parlare di fat shaming, l’altra faccia della medaglia rimane pressoché invisibile. Stiamo parlando degli attacchi alle donne ritenute troppo magre.
“Anoressiche, malaticce” sono gli epiteti più utilizzati per definire queste donne, con l’aggiunta del solito consiglio (non richiesto) di mangiare di più, come se il loro peso dipendesse esclusivamente dalla loro volontà. Spesso, poi, non vengono risparmiate occhiate critiche e allusioni a presunti problemi psicologici con il cibo.
Per citare alcuni esempi famosi, la showgirl Elena Santarelli ha dovuto rispondere agli attacchi sui social spiegando come il suo metabolismo sia molto accelerato, mentre la cantante Elodie ha ricordato come la magrezza non sia una colpa.
Il problema però non si ferma qui. Le donne cosiddette “troppo magre” trovano difficoltà anche nella ricerca di abbigliamento. Una discriminante che in passato riguardava quasi esclusivamente le donne curvy (dalla taglia 44 in su).
Oggi, chi ha una taglia “piccola” viene invitata a comprare nel reparto bambini e adolescenti, a causa dell’assenza di taglie sotto la 38. Anche questa è discriminazione e ha ricadute non solo sull’autostima di queste donne, paragonate a delle bambine, ma anche sulla loro vita sociale.
È infatti impensabile indirizzare una donna adulta, alla ricerca di un abbigliamento consono alla propria condizione sociale e lavorativa, in un reparto dove si vestono ragazze che al massimo vanno a scuola e in discoteca. In una società realmente inclusiva, ci dovrebbe essere spazio e rispetto per tutti, a prescindere dall’aspetto fisico.
Roberta Gatto