Dal basket al baskin il passo è breve: quel “in” sta per inclusivo e persone disabili e persone normodotate si trovano contemporaneamente sullo stesso campo.
Lo sport è stato inventato nel 2003 a Cremona, ma adesso sono circa 200 le società dilettantistiche che lo praticano in tutta Italia, sotto l’ombrello dell’Ente italiano sport inclusivi e oltre 6mila ragazzi lo praticano nelle scuole.
I canestri sono quattro, a diversa altezza, e i giocatori sei per squadra anziché cinque, ogni giocatore ha un ruolo ben definito e un avversario di pari livello. L’agonismo rimane, così come la voglia di vincere.
Le regole, insomma, sono state adattate, il contesto si fa inclusivo e ognuno porta in campo le proprie capacità.
Nei giorni scorsi, si è giocato a Trieste, nel Villaggio delle buone pratiche della Settimana sociale dei cattolici in Italia. Nello stand di “Zio Pino baskin Udine”, giocatori di basket esperti, semplici appassionati, persone con vari tipi di disabilità, donne e uomini dai 14 ai 79 anni si sono affrontati sullo stesso campo dando un esempio pratico di cosa significhi inclusività e di quanto sia semplice cambiare le regole per favorirla.