Piccole e medie imprese sarde, manca il personale
Le piccole e medie imprese isolane non crescono, anche perché manca il personale specializzato. Lo dice il rapporto dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna: mancano quasi 18mila addetti e il 43 per cento di questi è difficile da trovare. Il settore che risente maggiormente di questa carenza è quello dell’intelligenza artificiale.
I numeri di Confartigianato dicono che non c’è il 52,2 per cento del personale necessario con alta competenza digitale, il 52,6 per cento di manodopera che abbia conoscenza digitale di base e il 52,6 per cento dei lavoratori che abbiano competenze per metodi matematici e informatici.
«La scarsità di personale con le giuste competenze frena le transizioni ecologica e digitale ed è indicato come il problema più grave dalle piccole e medie imprese isolane» sostengono Giacomo Meloni e Fabio Mereu, rispettivamente presidente e vicepresidente vicario di Confartigianato Sardegna, «e questo problema supera anche quelli della burocrazia, dell’accesso al credito e della concorrenza sleale».
La carenza di figure specializzate incide sulla competitività dei piccoli imprenditori sardi che puntano all’innovazione e stanno facendo ricorso all’intelligenza artificiale.
La proposta di Confartigianato è quella di lavorare nella direzione della collaborazione con le scuole e nella persuasione delle famiglie, soprattutto per quanto riguarda il percorso di studi da scegliere.
Le difficoltà delle imprese sarde trovano riscontro anche nelle pari grado nazionali, soprattutto in confronto con la situazione delle piccole e medie imprese dell’Unione Europea.
Stando al Rapporto di Confartigianato Sardegna, l’intelligenza artificiale trova applicazione tra i piccoli imprenditori in particolare per la sicurezza informatica, per il controllo dell’accesso a luoghi di lavoro, a dati o a servizi, per la manutenzione di macchinari, l’utilizzo adeguato di energia e materie prime, il trattamento dei rifiuti e la gestione della logistica.
Un altro tema da affrontare, secondo il vicepresidente Mereu, è quello relativo al rischio della cosiddetta disoccupazione tecnologica: serve, insomma, valutare le opportunità, ma anche i rischi che l’intelligenza artificiale propone.
«Spetta all’intelligenza artigiana» secondo Mereu, «governare l’intelligenza artificiale». Analizzando i dati nel dettaglio, si scopre come la maggiore carenza riguarda elettrotecnici, tecnici della produzione di servizi, tecnici web, programmatori.
Giuseppe Giuliani