Cultura e accessibilità: «Scivoli, rampe e bagni a norma non sono sufficienti»
Nonostante i passi avanti compiuti negli ultimi anni, la piena fruizione dei musei da parte di persone con disabilità sembra essere ancora lontana. La piena inclusione di chi ha una disabilità risulta ancora una strada lunga da percorrere, anche per ciò che riguarda i luoghi della cultura.
Come sottolinea Michele Adamo, segretario nazionale della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare), «i musei, i monumenti e i parchi archeologici rappresentano il vero strumento della nostra identità nazionale. Tuttavia, chi non può accedere a questi luoghi di cultura è, di fatto, un cittadino di serie B».
La situazione attuale
Stando ai dati dell’Istat, soltanto il 68,2 per cento di musei e gallerie sono dotati di bagni a norma e solo il 62,2 per cento delle strutture presenta rampe, scivoli o ascensori per le persone in sedia a rotelle. Insomma, poco più della metà. Stesso discorso per le biblioteche: solo il 65,7 per cento è dotata di servizi a norma e il 61 per cento di rampe o ascensori.
Aggirare gli ostacoli
Alcuni musei possono essere considerati dei veri e propri monumenti, quindi difficilmente modificabili a livello architettonico. È però possibile intervenire come accaduto un anno fa al Colosseo, dove è stato installato «un nuovo ascensore panoramico e interventi simili sono previsti per l’Arena di Verona in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina» spiega Adamo, sottolineando l’importanza di una formazione adeguata del personale. «Mi è capitato di trovare musei con montascale, ma con personale non formato sul loro utilizzo». Inoltre, «tra il 2020 e il 2022, solo il 2,7 per cento dei musei, gallerie e parchi archeologici ha offerto corsi su accessibilità e inclusività ai propri dipendenti».
Le disabilità dimenticate
Non va di certo meglio per le disabilità differenti da quelle motorie. Sempre Adamo, evidenzia la mancanza di servizi per persone cieche e sorde, con solo «il 10,7 per cento dei musei italiani a offrire percorsi tattili, cataloghi o pannelli esplicativi in Braille per i ciechi, e solo il 5,9 per cento prevede contenuti video nella Lingua dei segni italiana».
Roberta Gatto