Il parakarate, perché nessuno sport è impossibile

Nella foto, Francesco Morale e Simone Faraco

Francesco Morale ha 38 anni, vive a Melito di Napoli e con il suo maestro Simone Faraco pratica il Parakarate. Si tratta del karate, l’arte marziale più conosciuta, spettacolare a vedersi praticato però da atleti con disabilità. L’adattamento di questa “arte” marziale che già di per sé, nella sua filosofia, non è certo calci e pugni affascina Francesco Morale. Ma c’è un problema, perché Francesco ha una patologia: la tetraparesi spastica.

Decisivo l’incontro nella Scuola di Karate Asd Workout presso il GaLu Sport Center di Melito di Napoli. Una volta spiegata la sua disabilità al maestro Simone Faraco, Francesco ottiene la risposta tanto desiderata: «ok, si può fare».

Entrambi diventano così due pionieri perché il parakarate è una disciplina relativamente “giovane”, non ancora ammessa alle Paralimpiadi. Soltanto nel 2006 è diventata una parte integrata a pieno titolo nella Wkf (World Karate Federation) creando persino una commissione ad hoc per sviluppare e promuovere la nuova disciplina sportiva.

Per Francesco Morale è la stura alla conquista di sempre nuovi traguardi: partecipa nel 2012 alla sua prima esibizione pubblica dimostrativa nel corso dei Campionati Mondiali di Karate a Parigi. Nel 2014 partecipa ai primi Campionati del Mondo ufficiali a Brema (Germania).
Nel 2015 la svolta: la Wkf viene riconosciuta dall’Ipc, il Comitato Internazionale Paralimpico e da allora la partecipazione è cresciuta costantemente. La dimostrazione? Ai campionati italiani 2023 erano in gara 59 atleti provenienti da 25 società sportive e suddivisi in varie categorie in base al tipo di disabilità. È proprio in questa competizione che Francesco Morale appende al collo la medaglia d’argento.

«Quando sono diventato vicecampione italiano non ci credevo perché è stata un’immensa gioia perché ho raggiunto un traguardo che non mi sarei mai aspettato».

Per il suo allenatore Simone Faraco che oltre a Francesco segue un altro ragazzo con disabilità intellettiva, il kata eseguito da Francesco e dagli altri atleti italiani, «è l’essenza del karate, quello che ne fa una disciplina di profondo rispetto dell’avversario e non a caso ogni kata inizia e si conclude con un inchino». A supporto dei partecipanti, durante le gare è consentito l’utilizzo di ausili ortopedici performanti e per questo si possono vedere anche persone in sedia a rotelle che magari normalmente non si muovono in carrozzina, ma nel corso di una competizione non possono stare a lungo in piedi.

«Siamo affiliati alla Fijlkam (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali)» dice l’allenatore Faraco, «e i numeri sono in crescita».

Ma perché scegliere le arti marziali? «Perché non si basano sull’essere meglio dell’avversario» spiega ancora Simone Faraco, « ma sull’essere il meglio di noi stessi. Da questo punto di vista ha molto da offrire alle persone con disabilità in quanto migliora le capacità senso-percettive e consente di acquisire maggiore conoscenza e coscienza del proprio corpo».

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