Stagisti troppo sfruttati: offerta alta, ma poca qualità

Per quasi tutti i giovani italiani, lo stage è come una tappa fissa per riuscire a entrare nel mondo del lavoro. La realtà è però diversa da come l’idea è nata: il giovane  non sempre viene pagato in modo dignitoso e valorizzante e così le statistiche ci rivelano che, forse, tutto, tutto non funziona come dovrebbe. Ben 14 su 100 giovani lavoratori stagisti decidono di smettere prima della fine. Il motivo? Sono insoddisfatti o attratti da altre occasioni.

A dirlo sono i dati del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche se non esistono statistiche aggiornate su quelli curriculari. Nasce così la “Repubblica degli stagisti”, un portale nato per approfondire la tematica dello stage in Italia.

I dati

Più della metà dei posti sono concentrati al Nord, mentre al Centro e al Sud la quota è ancora minore e nel 2023 c’è stato un calo degli extracurriculari.

Sempre dai dati raccolti, sembrano reggere bene gli stage a basso contenuto formativo svolti in supermercati, ristoranti e attività turistiche. E non si tratta certo di un buon segnale. Questo perché, in fondo, si tratta di lavori per i quali sarebbe più corretto fare contratti stagionali o di apprendistato. E invece, spesso si sostituiscono i dipendenti con gli stagisti.

E non fa buona scuola nemmeno l’organo deputato a dare il migliore esempio. Basti pensare ai due recenti bandi per tirocini gratuiti attivati alla Camera dei Deputati e al ministero dell’Università. Entrambi gli istituti hanno scelto la via dei curriculari così da dribblare l’obbligo di compenso.

Le istituzioni europee si sono pronunciate a più riprese per incentivare al rispetto degli stagisti, ma la situazione rivela una situazione da Far West. E a dirlo sono i dati raccolti dall’associazione “La Repubblica degli stagisti” in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. Entrambe hanno realizzato una ricerca pubblicata nel Rapporto Giovani 2024 curato dall’Istituto Toniolo. La ricerca rivela come i giovani percepiscono le loro mansioni. Il campione dei 19-34enni intervistati e concentrato al Centro Nord, è abbastanza soddisfatto dell’esperienza, anche se i miglioramenti possibili sono molti. La ricerca è stata svolta da studenti universitari che hanno interpellato altri giovani. Essi sentono lo stage come qualcosa da fare alla loro età, sanno come e dove cercarlo. Non sono disponibili a fare qualunque cosa e se l’azienda non ha dei valori allineati con i loro, non sempre accettano. Se non si trovano bene se ne vanno, anche perché sanno che quasi sempre non ci sarà una successiva assunzione. Cercano e trovano possibilità altrove. Lasciano, perché sentono di non poter accrescere le loro competenze, si sentono poco valorizzati o sminuiti.

La legge prevede l’affiancamento da parte di un tutor. Se questa figura lavora bene gli stagisti possono dare molto alle aziende, magari portando visioni che gli adulti hanno perduto.

E poi: le aziende devono prevedere rimborsi spese o riconoscimenti, altrimenti non sono inclusive e lo stage alla fine può farlo solo chi può permettersi di stare fuori sede e magari ha la famiglia che li mantiene.

Bachisio Zolo

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