Disabilità nella storia: Julia Brace (1807-1884)
Vi abbiamo raccontato la vita di Helen Keller, la prima donna sordo-cieca a conseguire una laurea negli Stati Uniti, scrittrice e attivista per i diritti delle donne e delle persone con disabilità. Ma per comprendere fino in fondo come la Keller abbia potuto raggiungere i propri traguardi in un’epoca non facile per una donna con disabilità, è necessario fare qualche passo indietro e scoprire le vite di altre donne che l’hanno preceduta e stiamo parlando di Julia Brace.
Julia Brace, prima donna sordocieca a ricevere un’istruzione
Julia Brace è la prima donna sordocieca statunitense ad aver ricevuto un’istruzione. Il suo è un caso davvero particolare, perché Julia cominciò a istruirsi in età adulta. Nata nella contea di Hartford il 13 giugno 1807, (Connecticut), Julia è figlia di John e Rachel Brace. Proviene da una famiglia modesta dove il padre si guadagna da vivere come calzolaio.
L’infanzia di Julia non è troppo diversa da quella delle coetanee dell’epoca: siamo a inizio Ottocento, Julia comincia la scuola all’età di 5 anni, dove impara a leggere e scrivere parole di due sillabe, aiuta la madre nelle faccende domestiche e nell’accudire i fratelli più piccoli. A 5 anni e mezzo, però, la sua vita subisce un brusco cambiamento. Infatti, Julia contrae il tifo e nella prima settimana di malattia perde completamente vista e udito.
Secondo le testimonianze del tempo, chiedeva continuamente alla madre perché il lume fosse spento e perché lei non le rispondesse. In un mondo privo di suoni, Julia comincia a dimenticare le parole che aveva imparato.
Ma il corpo, si sa, ha i propri modi per compensare una situazione altrimenti impossibile da sostenere. Julia sviluppa una sensibilità particolare per odori e sensazioni tattili ed è proprio grazie a tatto e olfatto che può ricominciare a conoscere il mondo circostante.
Dopo aver sconfitto la malattia, la piccola riprende le solite attività domestiche e comincia a realizzare anche piccoli oggetti con gli scarti del cuoio che arrivano dal laboratorio paterno. Per esprimere bisogni ed emozioni, la bambina inventa un sistema di segni che le permette di comunicare; tuttavia, questo non basta a fare di lei una risorsa su cui la famiglia possa contare per il futuro.
La svolta
La disabilità di Julia comincia pian piano a diventare un ostacolo. Come sempre accade, le barriere alla sua indipendenza arrivano dall’ambiente circostante, impreparato a valorizzarne le qualità e a svilupparne le potenzialità.
Viene mandata a scuola presso una pensione per bambini, dove le vengono insegnati maglia e cucito ma non il linguaggio, con la conseguenza che la ragazzina, l’unica con sordocecità della scuola, non riesce a comunicare con insegnanti e compagni.
Nel 1825, però, poco prima del suo diciottesimo compleanno, le cose cambiano. Dopo la morte del padre, Julia si trasferisce all’Hartford Asylum for the Deaf and Dumb (oggi American School for the Deaf), la più antica scuola per sordi degli Stati Uniti, fondata dal reverendo Thomas Hopkins Gallaudet, dal dottor Mason Fitch Cogswell e dall’insegnante Louis Laurent Marie Clerc. In una scuola basata sul sistema dell’abate Sicard, che in Francia aveva dato un’istruzione ai sordi, Julia è però l’unica persona cieca.
La vita nell’istituto
Per Julia, la vita nella nuova scuola non è poi così male. Qui, infatti, impara a leggere lettere di legno e a mettere delle puntine su un cuscino per scrivere. Comincia così ad associare parole e oggetti e a comunicare con gli altri studenti utilizzando il linguaggio dei segni, che lei trasmette e riceve con il tatto.
Lava e stira i propri vestiti, cuce per sé e per gli altri abiti alla moda, si occupa di tenere pulite e ordinate le aree comuni (ad esempio riassettando i letti nel dormitorio femminile), ama fare gite in barca , giri in carrozza e partecipa volentieri alle occasioni di socialità.
La personalità
Quando arriva all’istituto, Julia è una ragazza “appassionata e violenta”, stando alle parole della direttrice dell’istituto, la signora Martha Dudley. In seguito, tuttavia, il suo carattere si ammorbidisce al punto che le viene affidata la cura dei malati.
Sempre secondo Martha Dudley, Julia è capace di muoversi senza difficoltà nell’istituto. « Una volta le dissi di salire le scale, di togliersi gli stivali e di metterli nell’armadio, su uno scaffale alto accanto alla cassetta, di lasciarli per l’inverno e di mettersi le scarpe. Ero curiosa di vedere se avesse capito tutto quello che avevo detto. Lei depose immediatamente il suo lavoro, si alzò e rimase ferma un momento. Le presi di nuovo le mani e feci gli stessi gesti. Salì direttamente le scale e fece come le avevo detto».
Sempre secondo la direttrice, Julia è piuttosto avara e attenta ai propri risparmi. Quando una delle compagne le prese del denaro dalla cassetta nella quale lo custodiva, «pestò i piedi con tale violenza che corsi su per le scale per vedere cosa fosse successo. Mi raccontò del denaro mancante. I sospetti caddero su D., alla quale feci prendere tutti i soldi che aveva per darli a Julia, la quale si sedette a un tavolo, scelse tutto il suo e diede il resto alla proprietaria».
La popolarità
Grazie a una benefattrice dell’istituto, il nome di Julia comincia a diventare celebre anche fuori dalla scuola. Infatti, è l’educatrice e poetessa Lydia Sigourney a scrivere di lei in un libro per bambini e a dedicarle tre poesie nella prima metà dell’Ottocento. Periodici e religiosi e giovanili cominciano a parlare di lei e spesso visitatori e curiosi vanno a farle visita. Julia però non gradisce queste attenzioni e non si fa troppi problemi a farlo presente.
L’incontro con Samuel Gridley Howe
Una visita molto speciale, nel 1837, ha però l’effetto di cambiare per sempre la vita delle persone sordocieche che verranno dopo Julia. Infatti, quando Samuel Gridley Howe (educatore della scuola per ciechi Perkins Institute del Massachusetts) incontra Julia, ne rimane talmente colpito da tornare nel 1841 insieme alla sua migliore allieva sordocieca, ovvero Laura Bridgman.
Su richiesta della signora Sigourney, nel 1842 Julia si trasferisce alla Perkins, dove si spera possa fare progressi nella lettura e nella scrittura, incoraggiata dall’esempio di Laura Bridgman. Tuttavia, la ragazza ha ormai 35 anni e una vita passata a comunicare con il linguaggio dei segni le impedisce di abbandonare quella forma di comunicazione per adottarne una differente.
Si realizzano così i timori espressi da Howe all’arrivo di Julia: «può darsi che sia troppo vecchia, che il cervello abbia perso, a causa della lunga inattività, la sua flessibilità e persino la suscettibilità…».
Gli ultimi anni
L’anno seguente, Julia torna ad Hartford, dove vive come pensionante fino al 1860, quando raggiunge una sorella a Bloomfield, nel Connecticut. Qui trascorre i suoi ultimi anni, l’ultimo dei quali paralizzata a letto.
L’importanza di Julia nell’istruzione delle donne sordocieche viene spesso trascurata, non avendo raggiunto gli stessi successi di Laura Bridgman, Anne Sullivan o Helen Keller.
Tuttavia, è doveroso ricordare come Howe prese ispirazione per cominciare a istruire la Bridgman proprio dall’incontro con Julia. La Bridgman a sua volta insegnò ad Anne Sullivan, la quale fu poi insegnante di Helen Keller. Si può quindi dire che tutto ebbe inizio con Julia Brace e con quel fatidico incontro tra la donna e Howe. Da allora, ha avuto inizio la vera emancipazione delle persone con sordocecità.
Roberta Gatto