Disabilità e vergogna, niente di nuovo

La memoria storica è quella di Gian Antonio Stella che ripercorre tempi e fatti di un mondo che nascondeva, quasi per negare, la disabilità.

Si parte dalla mitologia e da Omero che racconta di Efesto gettato in mare perché reo di avere un piede storto. Si passa per Platone che suggeriva di nascondere i figli «fisicamente deformati», si sale sino a Dio, sì proprio lui, che parlando con Mosè fissa un divieto eterno: «nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi a offrire il pane del suo Dio». Raccomandazione durata circa 2 mila anni nella noncuranza dei cattolici.

Si arriva sino ai giorni nostri, attraverso secoli e latitudini che non hanno fatto eccezione, per citare l’esperienza di un Gramsci bambino che rimane impressionato e poi testimone unico della bestiale segregazione di un giovane figlio con disabilità.

Poi ci sono i giganti della storia, anche loro incapaci di affrontare la realtà e disposti a sacrificare gli affetti più cari: Pearl Buck, scrittrice premio Pulitzer e premio Nobel che per anni nascose l’esistenza di una figlia con deficit mentale; Arthur Miller fece più o meno lo stesso con il figlio con sindrome di Down; neanche Albert Einstein con la sua razionalità riuscì a costruire meglio il rapporto con un figlio schizofrenico.

Ci sono e vengono ricordate le eccezioni: Charles De Gaulle, fotografato al mare con la figlia con sindrome di Down e Frida Kahlo che espose sé stessa senza remore.

Giuseppe Giuliani

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