Legge 104: si può usufruire dei permessi anche per assistere un convivente?
Secondo la L. n. 104 del 1992, i lavoratori dipendenti hanno diritto a tre giorni di permesso mensile retribuiti per l’assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il terzo grado, purché questi siano riconosciuti in situazione di disabilità grave.
Come stabilito dall’art. 1, comma 20 della L. n. 76 del 2016 (legge Cirinnà), questo diritto si estende anche alle unioni civili grazie alla clausola di salvaguardia con funzione antidiscriminatoria. Va sottolineato a tal proposito come la legge si applichi anche alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Permessi anche per chi convive?
In caso di convivenza di fatto, però, questa clausola di salvaguardia non trova applicazione. Tuttavia, grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016, anche il convivente di fatto potrà beneficiare di questi permessi. Tale sentenza ha infatti dichiarato incostituzionale la parte della clausola in cui non viene incluso il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso retribuito mensile.
Cosa si intende per convivente
Secondo l’art. 1, comma 36 della L. n. 76 del 2016, i conviventi di fatto sono “due persone maggiorenni legate da rapporti affettivi e di reciproca assistenza, non vincolate da parentela o matrimonio”.
Per beneficiare dei permessi risulta però necessario dimostrare la stabile convivenza tramite una dichiarazione anagrafica, come previsto dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
In conclusione, si possono richiedere i permessi retribuiti per l’assistenza purché si dimostri la convivenza, a prescindere dalla natura del rapporto tra assistente e assistito.