Disability manager: c’è la norma, ma rimane inapplicata
Era stato il Jobs Act, nel 2015, a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Per riuscirci ci si era affidati alla figura del disability manager col il compito di valorizzare e garantire alle persone con disabilità un lavoro dignitoso e percorsi di carriera. La pubblica amministrazione ha l’obbligo di dotarsi di questa figura, ma non vale lo stesso per il settore privato. Risultato? Gli enti privati ne sono privi. Tutto il contrario di ciò che avviene in altri Paesi come Stati Uniti, Canada e Paesi scandinavi dove questo ruolo è presente e diffuso da più tempo.
In Italia
In Italia la regolamentazione di questa figura professionale presenta ancora oggi grandi lacune. Il motivo principale? Manca una norma nazionale univoca che ne definisca le competenze richieste e così anche il percorso formativo. Così, il riconoscimento del ruolo è lasciato alla volontà delle singole Regioni. In Lombardia, Lazio, Valle D’Aosta e Sardegna si è costruito un profilo professionale nel proprio quadro regionale delle professioni. Diverso nelle altre regioni italiane dove manca addirittura questa figura.
Le conseguenze
Proprio la mancata regolamentazione di questa figura alimenta una disparità che si riflette sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e sulla possibilità delle imprese di avere un sostegno professionale per favorirla. Ma perché la norma viene disattesa? In Italia è così: dove non ci sono né sanzioni né controlli da parte dello Stato, le pubbliche amministrazioni locali, in larga misura, la eludono.
Qualche amministrazione centrale produce una semplice investitura del dirigente di turno, a cui viene attribuito il ruolo del disability manager senza però verificare se abbia le competenze necessarie.
Cause del fallimento
Manca la progettualità riguardo le misure a sostegno delle persone con disabilità. Sì, certo, esiste molta letteratura sull’argomento, ma non si traduce in atti concreti. Neanche in quelle piccole e medie aziende in cui, ultimamente, c’è maggior sensibilità al tema.
Le cause
Spesso mancano le risorse per garantire a chi ne ha bisogno la professionalità di questa figura a cui per’altro non viene neanche riconosciuta un’indennità economica specifica.
Così, le necessità delle persone con disabilità vengono lasciate al caso. O peggio, vengono affidate a figure senza competenze specifiche incapaci di affrontare i problemi nella gestione dei gruppi di lavoro o affrontare difficoltà a fornire gli accomodamenti ragionevoli.
Che fare
Manca ancora un cambiamento culturale. E questo si registra sia nel pubblico che nel privato. Persiste la logica della sottrazione oppure, al meglio (peggio), una visione pietistica verso le persone con disabilità. Questi continuano a venir relegati al ruolo di soggetti passivi e in difficoltà e non riescono a venir valorizzati. Una volta per tutte, il disability manager non dovrà più essere considerato una figura accessoria, a cui non è garantita dallo Stato neppure la formazione, ma dovrà essere legittimato a esercitare il suo ruolo di agente di cambiamento sul clima aziendale.
Bachisio Zolo