Il terzo occhio di Evgen Bavcar, il fotografo cieco

Evgen Bavcar

Evgen Bavcar nasce nel 1946 sui monti della Slovenia. A 12 anni perde la vista in seguito a una serie di sfortunati incidenti. Il ramo di un albero lo colpisce sul viso quando ha soltanto dieci anni, privandolo della vista all’occhio destro, e l’anno seguente, mentre gioca con un piccolo oggetto metallico rivelatosi poi una mina, rimane ferito all’occhio sinistro. Dopo quest’ultimo incidente, Evgen rimane completamente cieco, incapace di percepire persino la luce. Dopo alcuni anni di adattamento alla nuova condizione, Evgen riprende gli studi e nel 1972 ottiene una borsa di studio per studiare filosofia a Parigi. Nel 1976 consegue un dottorato alla Sorbona con una tesi sull’estetica di Adorno e Bloch e nel 1981 si naturalizza francese.

Evgen Bavcar parla francese, italiano, tedesco, spagnolo e portoghese. Negli anni Ottanta si dedica alla fotografia parallelamente alla sua attività di filosofo dell’arte e ricercatore, e nel 1987 espone i suoi lavori in una mostra. L’anno successivo viene nominato fotografo ufficiale del mese della fotografia a Parigi.

Nel 1993 realizza un libro di litografie per non vedenti con il suo amico, il pittore maiorchino Miquel Barceló. Evgen è inoltre “Cittadino d’Europa“, titolo assegnatogli nel 2016 dal Parlamento Europeo.

Il buio e la luce

Evgen Bavcar ama realizzare i suoi scatti di notte, aiutandosi con luci portatili a illuminare i soggetti. «Anche chi non può vedere ha dentro quella che potremmo definire una necessità visiva» spiega l’artista. «Una persona al buio in una stanza brama la luce e la cerca a ogni costo. I ciechi agognano la luce così come un bambino su un treno desidera rivedere la luce del sole mentre attraversa un tunnel.».

La mancanza della vista non impedisce al fotografo di creare una ricostruzione mentale dello spazio. Talvolta, l’artista deve farsi aiutare da una persona vedente per farsi descrivere il risultato dei suoi scatti, o per farsi assistere durante l’esecuzione. Ma spesso Evgen scatta fotografie ai passanti, attirato magari dalle loro voci.

Evgen è la dimostrazione vivente di come l’arte, anche quella visiva, non conosca barriere fisiche e di quanto il buio della cecità possa facilmente essere rischiarato dalla luce dell’anima.

Roberta Gatto

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