Avere 70 anni, ma sentirsene 60

A dirlo è una ricerca di Robert N. Butler Center on Aging della Columbia University: i settanta anni di oggi sono i sessanta di prima. Più precisamente, chi ha 68 anni oggi, si ritrova capacità simili a chi ne aveva 60 un decennio fa. Attenzione, però perché questo miglioramento non si attaglia a tutte le popolazioni. Né si può garantire per il futuro. E allora? Risultano diversi i fattori che fanno sì che il tempo scorra meno velocemente.

Lo studio

Lo studio, pubblicato su Nature Aging, ha esaminato le tendenze nel funzionamento degli ultra-sessatenni. Sono state valutate le loro capacità cognitive, locomotorie, psicologiche e sensoriali. Basandosi sui dati dell’inglese Longitudinal Study of Aging, i ricercatori hanno scoperto come gli anziani di oggi sperimentano livelli più elevati di funzionamento fisico e mentale rispetto alle generazioni precedenti della stessa età. «Si tratta di miglioramenti importanti» spiega John Beard docente di Aging in Health Policy and Management presso il Butler Columbia Center on Aging della Columbia University e autore dello studio.

I dati

I dati rilevati dicono che un individuo di 68 anni oggi abbia capacità simili a quelle di uno di 62 anni nato un decennio prima. Sempre secondo John Beard, «se confrontassimo un nato nel 1950 con un nato nel 1920, probabilmente, osserveremmo differenze ancora maggiori». E questo perché Beard e il suo team hanno condotto analisi dello stesso tipo anche nel China Health and Retirement Longitudinal Study (Charls) riscontrando tendenze simili.

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Perché oggi restiamo più giovani?

Le ragioni per cui un settantenne di oggi sembra più giovane, è frutto di due meccanismi: il primo riguarda il livello di capacità con cui una persona entra nella terza età, il secondo la velocità con cui queste capacità diminuiscono nel tempo. Le generazioni più recenti arrivano all’età anziana in condizioni migliori rispetto al passato.

Le ragioni? Dipende da diversi fattori: una migliore istruzione nell’infanzia (che ha portato a un calo del 13 per cento per decade nei casi di demenza), una nutrizione più adeguata, sia per le madri sia per i bambini, e migliori condizioni igienico-sanitarie che hanno ridotto l’esposizione a malattie infettive. I progressi nella Medicina moderna e un maggiore accesso alle cure hanno poi contribuito a rallentare il declino delle capacità con l’età.

C’è poi il contesto storico ad avere un ruolo importante: le persone nate tra il 1920 e il 1950 hanno vissuto periodi difficili come la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. Fattori questi, che hanno influenzato il loro sviluppo. Chi è nato dopo, soprattutto in Occidente, pur con le dovute eccezioni, ha vissuto in un periodo meno turbolento.

Chiaro quindi, come le stesse tendenze non possosno riguardare anche altre popolazioni del Mondo. E la tendenza non può considerarsi costante perché sono in corso cambiamenti come la crescente prevalenza dell’obesità che potrebbe addirittura causare un’inversione di queste tendenze. Rimane però il dato di fatto di oggi: per tante persone, i 70 anni potrebbero davvero essere i nuovi 60.

Bachisio Zolo

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